Grazie alla ricerca condotta dalla Fondazione Telethon un’altra malattia genetica rara potrebbe essere curata con la terapia genica, che oggi rappresenta una concreta speranza per alcune malattie considerate incurabili fino a pochi anni fa.
Un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon di Milano guidati da Angela Gritti, responsabile della divisione “Terapia genica con cellule staminali neurali per le malattie da accumulo lisosomiale”, ha dimostrato l’efficacia di un approccio di terapia genica intracerebrale per bloccare il danno neurologico in una grave malattia, quella di Krabbe, causata da mutazioni in un gene chiamato GALC.
Questa malattia colpisce il sistema nervoso ed è caratterizzata dall’accumulo di sostanze tossiche nelle cellule che formano la mielina, la guaina che riveste come un nastro isolante le fibre nervose. Il lavoro è pubblicato su EMBO Molecular Medicine e apre una nuova frontiera per la terapia genica.
Il team di ricerca di Angela Gritti è riuscito a “correggere” parte delle cellule nervose malate fornendo loro una versione funzionante del gene GALC tramite un vettore lentivirale, ovvero una versione opportunamente modificata del virus Hiv. Iniettato direttamente nel cervello, questo vettore è in grado di far esprimere alle cellule una versione funzionale della proteina GALC. Questa proteina non solo ripulisce dagli accumuli tossici le cellule corrette dal vettore, ma viene anche trasportata nel tessuto nervoso a beneficio delle altre cellule malate. I ricercatori hanno visto prima nei topi malati (come descritto in lavori precedenti), e ora in un primate non umano nato con la stessa malattia presente nell’uomo e in cui le dimensioni del cervello sono paragonabili a quelle di un bambino, che l’infusione terapeutica non solo è sicura, ma permette di migliorare alcuni aspetti della patologia in breve tempo. Il prossimo passo sarà validare sicurezza ed efficacia della terapia su un numero maggiore di animali prima di poter avviare la sperimentazione nell’uomo.
Nell’ambito dello stesso studio la terapia genica intracerebrale è stata valutata anche nella leucodistrofia metacromatica, una malattia da accumulo lisosomiale con caratteristiche simili alla malattia di Krabbe ma causata da mutazioni in un altro gene, chiamato ARSA.
Gli esperimenti su questa malattia hanno mostrato che, anche in questo caso, l’iniezione del vettore è sicura e consente di ripristinare le funzioni del gene difettoso. Per la leucodistrofia metacromatica è attualmente in corso presso l’Istituto San Raffaele Telethon di Milano uno studio clinico di terapia genica, avviato nel 2010, che prevede il prelievo delle cellule staminali del midollo osseo, la correzione in laboratorio e la successiva reinfusione nel paziente. Questa terapia sta dando ottimi risultati soprattutto quando somministrata nella fase pre-sintomatica della malattia. Rispetto a quella attualmente applicata nei pazienti, la tecnica descritta in questo nuovo lavoro prevede invece l’infusione dei geni funzionanti direttamente nel cervello e potrebbe in futuro offrire una speranza per i bambini in cui il decorso della malattia è già iniziato, o per pazienti con un esordio tardivo dei sintomi.
La malattia di Krabbe è una malattia neurodegenerativa causata da mutazioni nel gene GALC essenziale nella formazione della mielina, la guaina che riveste le fibre nervose. Esistono due forme di malattia: la più comune riguarda circa il 90% dei casi e insorge già entro i 3-6 mesi di vita, con esito fatale entro i tre anni. Una seconda forma può comparire più tardi e manifestarsi anche in età adulta. La malattia di Krabbe appartiene alle malattie da accumulo lisosomiale, come la leucodistrofia metacromatica per cui è in corso presso l’Istituto San Raffaele Telethon di Milano uno studio clinico basato sul trapianto di cellule staminali del sangue corrette con la terapia genica che sta dando ottimi risultati. Rispetto alla leucodistrofia metacromatica, la malattia infantile di Krabbe esordisce più precocemente e progredisce più rapidamente; pertanto, potrebbe essere meno responsiva alla terapia genica con cellule staminali del sangue, come anche suggerito da studi effettuati in modelli animali:da qui l’esigenza di trovare una strada complementare.