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Che cos’è e come si manifesta l'acidemia propionica?

L’acidemia propionica è una rara malattia genetica che compromette il metabolismo di alcuni amminoacidi assunti con la dieta. La manifestazione clinica è molto variabile: si va da forme molto gravi, con esordio in epoca neonatale, a forme meno gravi con esordio più tardivo. La forma neonatale si presenta già a pochi giorni dalla nascita con difficoltà di alimentazione, vomito, alterazioni neurologiche, acidosi metabolica e anomalie della conta delle cellule del sangue. Nelle forme meno gravi i primi sintomi compaiono successivamente in genere a seguito di episodi di stress come infezioni intercorrenti, vomito o traumi. Sono frequenti il ritardo della crescita e dello sviluppo, disabilità intellettiva, convulsioni e disturbi del movimento. Tra le altre complicanze a lungo termine ci sono la neuropatia ottica, la cardiomiopatia e la pancreatite.

Come si trasmette l'acidemia propionica?

La malattia è dovuta a difetti in uno dei due geni (PCCA e PCCB) codificanti per le due componenti dell’enzima propionil-CoA carbossilasi. Come consequenza del deficit di questo enzima nell’organismo si accumulano dei metaboliti tossici a monte della reazione deficitaria, come l’acido propionico. La modalità di trasmissione della malattia è autosomica recessiva, occorre cioè ereditare il difetto da entrambi i genitori (portatori sani) per manifestare la malattia.

Come avviene la diagnosi dell'acidemia propionica?

La diagnosi si basa su specifici test nelle urine e nel sangue e viene confermata dall’analisi genetica. La malattia è inserita nell’elenco delle malattie oggetto dello screening neonatale allargato e può quindi essere diagnosticata precocemente. È possibile inoltre effettuare la diagnosi prenatale nelle famiglie con mutazione nota.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per l'acidemia propionica?

Non esiste una cura definitiva, ma la malattia può essere tenuta sotto controllo grazie a una dieta specifica a basso contenuto proteico e all’assunzione di carnitina, che aumenta l’escrezione di metaboliti tossici. Nonostante il trattamento i pazienti rimangono a rischio di sviluppare crisi di scompenso metabolico acuto che sono pericolose per la vita: tali crisi vengono trattate interrompendo l’assunzione di proteine e assumendo calorie non proteiche per via endovenosa. La diagnosi e il trattamento precoci hanno permesso di ridurre il tasso di mortalità nel primo anno di vita e migliorare i tassi di sopravvivenza nella prima e media infanzia, anche se resta difficile contrastare il deficit cognitivo e molte complicanze della malattia. Alcuni pazienti vengono trattati con trapianto di fegato che riduce gli episodi di scompenso acuto.

Ultimo aggiornamento

01.01.17

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