Linfoistiocitosi emofagocitica familiare
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Cos'è e come si manifesta la linfoistiocitosi emofagocitica familiare?
- La linfoistiocitosi emofagocitica familiare è una malattia delle cellule del sistema immunitario caratterizzata da eccessiva proliferazione e infiltrazione di alcune cellule iperattive del sistema immunitario (macrofagi e linfociti T). La malattia (in genere scatenata da un'infezione virale) si manifesta di solito nei primi mesi di vita, con la comparsa di febbre elevata senza causa apparente e ingrossamento del fegato e della milza. Già nel momento della comparsa dei primi sintomi oppure in seguito possono manifestarsi anomalie neurologiche, come aumento della pressione intracranica, irritabilità, rigidità del collo, ipotonia o ipertonia, convulsioni, paralisi dei nervi cranici, atassia, emiplegia o tetraplegia, cecità e anche coma. Altre manifestazioni possono comprendere citopenia (riduzione delle cellule del sangue) e disturbi del fegato e del midollo osseo. Se non trattati, i bambini colpiti muoiono nei primi mesi di vita.
Come si trasmette la linfoistiocitosi emofagocitica familiare?
- La malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani della mutazione responsabile, mentre ciascun figlio della coppia ha il 25% di probabilità di essere malato e il 50% di essere portatore sano. Sono stati finora identificati tre geni associati, quando alterati, con l'insorgenza della malattia: si tratta di PRF1, UNC13D e STX1.
Come avviene la diagnosi della linfoistiocitosi emofagocitica familiare?
- La diagnosi si basa sull'osservazione clinica e sull'analisi genetica, con ricerca di mutazioni dei geni coinvolti (PRF1, UNC13D e STX1). Nelle famiglie a rischio è possibile effettuare diagnosi prenatale conoscendo il tipo di mutazioni coinvolte.
Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la linfoistiocitosi emofagocitica familiare?
- L'unica terapia risolutiva è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, preceduto da chemioterapia e immunoterapia per stabilizzare la situazione clinica. In caso di infezioni (e successiva risposta infiammatoria esagerata) si interviene con antibiotici e antivirali specifici.
Ultimo aggiornamento
01.01.12