Sindrome di Wiskott-Aldrich
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- 12 Ricercatori
- 15.563.490€ Finanziamento totale
Cos'è e come si manifesta la sindrome di Wiskott-Aldrich?
- La sindrome di Wiskott-Aldrich è una rara malattia genetica caratterizzata da deficit immunitario. Si manifesta sin dall’infanzia con eczema, infezioni ricorrenti e recidivanti (otiti e infezioni di naso, gola, bronchi e polmoni) e disturbi della coagulazione (porpora, petecchie, ecchimosi, perdita di sangue dal naso, diarrea sanguinante). La sindrome è associata inoltre a un aumento del rischio di autoimmuni, linfomi e leucemie. Gli individui colpiti mostrano una marcata carenza di piastrine (piastrinopenia, spesso inferiore al valore di 50.000), che sono in genere più piccole del normale.
Come si trasmette la sindrome di Wiskott-Aldrich?
- La malattia è causata da alterazioni nel gene WAS, codificante per la proteina WASP, probabilmente coinvolta nel funzionamento del citoscheletro (l’insieme delle strutture cellulari che danno forma e sostegno alla cellula). La sindrome si trasmette con modalità legata al cromosoma X (su cui è localizzato il gene WAS): la malattia è presente quasi esclusivamente nei maschi, mentre le femmine sono in genere portatrici sane. Una donna portatrice sana ha il 50 per cento di probabilità di trasmettere la malattia a ogni figlio maschio.
Come avviene la diagnosi della sindrome di Wiskott-Aldrich?
- Il sospetto di malattia viene formulato in presenza di segni clinici caratteristici, accompagnati da carenza di piastrine e piastrine di piccole dimensioni. La conferma diagnostica avviene grazie a indagini biochimiche o genetiche, con analisi dell’espressione della proteina WASP o delle mutazioni del gene. Nelle famiglie in cui è nota la mutazione è possibile effettuare la diagnosi prenatale con indagine sui villi coriali.
Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome di Wiskott-Aldrich?
- La presa in carico dei bambini affetti consiste nel curare e prevenire le infezioni attraverso l’infusione regolare di immunoglobuline. L’asportazione della milza (splenectomia) consente di migliorare la conta delle piastrine e di ridurre il rischio emorragico, ma è anche associata a un aumento del rischio di infezioni anche gravi; in alcuni casi può essere necessaria la trasfusione di piastrine o di globuli rossi. L’unico trattamento potenzialmente risolutivo è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che però è fattibile solo in presenza di un donatore compatibile e non è scevro da potenziali complicanze, soprattutto se eseguito dopo i 5 anni di età (doi: 10.1016/j.jaci.2020.06.018). Nei casi in cui non è possibile eseguire il trapianto, la terapia genica si sta dimostrando una valida alternativa, con ottimi risultati in termini sia di sopravvivenza che di efficacia. Si basa su un’unica somministrazione di cellule staminali ematopoietiche prelevate dal paziente e messe a contatto con un vettore virale contenente una versione sana del gene associato alla sindrome. Una volta corrette, le cellule staminali vengono reinfuse nel paziente, che viene “preparato” a riceverle grazie a una chemioterapia che permette di fare spazio nel suo midollo. Il trattamento chemioterapico è comunque meno intenso – e quindi potenzialmente meno tossico - di quello utilizzato nel caso di trapianto da donatore. Il protocollo messo a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano prevede l’utilizzo di vettori lentivirali, derivati cioè dal virus HIV. I risultati sui primi pazienti trattati (doi: 10.1016/S2352-3026(19)30021-3) indicano che la terapia genica è in grado di ripristinare una corretta funzionalità del sistema immunitario, con un netto calo delle infezioni, un aumento delle piastrine e un miglioramento di manifestazioni tipiche quali eczema, petecchie e sanguinamenti; possono sospendere la profilassi e l’assunzione di immunoglobuline, fare i vaccini, ma soprattutto fare vita di comunità (frequentare la scuola, fare sport, lavorare). Tutti i pazienti trattati finora nelle varie fasi della sperimentazione continuano a essere monitorati per raccogliere ulteriori dati di sicurezza ed efficacia. Al momento la terapia genica è accessibile in Italia grazie alla determina AIFA del 2 agosto 2023, che ai sensi della legge 648 la indica per il trattamento dei pazienti con WAS dai 6 mesi in su privi di un donatore compatibile.
Ultimo aggiornamento
26.02.24
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