Il ruolo della degradazione delle proteine nei difetti cognitivi
- 2 Anni 2024/2026
- 156.900€ Totale Fondi
Questo progetto è stato approvato per il finanziamento - è ancora in corso la procedura di attivazione amministrativa
Diverse patologie cerebrali sono associate a una difettosa degradazione delle proteine e, nonostante le differenze genetiche, condividono alcune caratteristiche neurologiche come l’epilessia, i disturbi del sonno e del ritmo circadiano. Questo progetto propone un'ipotesi unificante, che suggerisce un legame causale diretto tra una difettosa degradazione (eliminazione) delle proteine e l'ipereccitabilità neuronale, cioè un comportamento anomalo delle cellule del cervello. È importante sottolineare che la degradazione stessa delle proteine è preceduta dalla loro aggregazione. Quando la degradazione delle proteine è inibita oppure ostacolata da diversi possibili difetti genetici, la conseguenza è un accumulo di aggregati proteici potenzialmente dannosi. Un lavoro recente ha dimostrato che proteine aggregate alterano la pressione all’interno della cellula (detta pressione osmotica). Per compensare la perdita di pressione osmotica, la cellula lascia entrare piccole molecole dotate di carica elettrica, dette ioni, fra cui lo ione cloro. L'aumento del cloro all’interno della cellula ha un effetto importante sui neuroni: indebolisce l'inibizione sinaptica, cioè il meccanismo che protegge il cervello dall'eccitazione eccessiva delle cellule del cervello; questo meccanismo svolge un ruolo importante nelle funzioni cognitive. Il progetto ha l’obiettivo di dimostrare che lo ione cloro ha un ruolo chiave nello sviluppo di molteplici forme delle malattie da associate a ridotta degradazione delle proteine, suggerendo l’esistenza di un bersaglio farmacologico comune. Per raggiungere l’obiettivo, saranno utilizzati due modelli di altrettante patologie, la ceroidolipofuscinosi di tipo 1 e la malattia di Angelman. I risultati del progetto amplieranno la conoscenza dei meccanismi alla base di queste patologie e permetteranno di identificare nuovi potenziali bersagli farmacologici.