Nuove strategie per contrastare l’iper-eccitabilità propria della Sindrome di Rett
- 4 Anni 2015/2019
- 132.500€ Totale Fondi
La sindrome di Rett è una malattia dello sviluppo neurologico che colpisce prevalentemente bambine, le quali per i primi 6-18 mesi di vita crescono normalmente, ma poi incominciano a manifestare una perdita graduale delle abilità motorie, delle capacità di interazione sociale e sviluppano ritardo mentale. La principale causa di questa devastante malattia sono mutazioni in un gene chiamato MECP2, che codifica per l’omonima proteina. Uno dei sintomi maggiormente debilitanti della sindrome di Rett è rappresentato da gravi forme di epilessia spesso farmaco-resistenti. Recenti studi molto incoraggianti hanno però dimostrato in modelli animali che i danni provocati dalla malattia non sono irreversibili, ma possono essere curati. Questi studi dimostrano inoltre che comprendere meglio i meccanismi molecolari che causano la patologia potrà aiutare a sviluppare nuove strategie per l’intervento terapeutico. Un ambito di ricerca molto promettente ma poco sviluppato è quello sullo splicing alternativo, un processo che consente di ottenere proteine diverse a partire da uno stesso gene. È un fenomeno molto frequente nel sistema nervoso e partecipa alla determinazione della soglia di eccitabilità neuronale oltre che a processi alla base di funzioni cognitive, quali l’apprendimento e la memoria. Il nostro progetto di ricerca si inserisce proprio in questo ambito. Abbiamo identificato un nuovo bersaglio di MECP2 il cui splicing è alterato in un modello murino di sindrome di Rett. Questa molecola è una proteina coinvolta in tutti i processi alterati nella sindrome di Rett: la regolazione della trascrizione a livello epigenetico (cioè di quei fattori ereditari, ma non genetici, che inducono modifiche nell’espressione genica senza alterare la sequenza di Dna), la maturazione delle cellule nervose, lo sviluppo delle sinapsi, la modulazione dell’eccitabilità neuronale. Con il nostro progetto intendiamo verificare la possibilità di migliorare o alleviare i sintomi della sindrome di Rett, in particolare l’epilessia, utilizzando piccole molecole di Dna chiamate oligonucleotidi antisenso che possono interferire con il processo di splicing patologico.