Immaginate un’efficientissima équipe microchirurgica, così piccola da poter entrare nelle nostre cellule fino a raggiungere il Dna, proprio lì dove risiede un difetto genetico responsabile di una specifica malattia. Pensate poi alla possibilità che, giunta in quella sede, la squadra possa riparare il danno, riportando così la cellula al suo corretto funzionamento. A descriverlo sembra un quadro tratto da un racconto di fantascienza. Eppure questo procedimento, che va sotto il nome di “editing genetico”, nei laboratori di ricerca è già realtà e promette di aprire inedite possibilità per il trattamento di una vasta serie di patologie. Un ambito di ricerca, questo, in cui Fondazione Telethon sta procedendo a grandi passi, testimoniati dalle pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche internazionali.
UNA MINUSCOLA ÉQUIPE - Ma chi sono i componenti di questa straordinaria e minuscola équipe molecolare? Sono dei complessi costruiti in laboratorio che da un lato sono in grado di legarsi al tratto di Dna da correggere, dall'altro agiscono come un “bisturi molecolare” tagliando la porzione di codice genetico che contiene l’errore. Sono gli stessi congegni di riparazione della cellula a entrare poi in azione, ricopiando nel luogo del taglio la sequenza corretta fornita dai ricercatori. «L’editing genetico rappresenta un modo più efficace e sicuro di fare terapia genica» spiega Angelo Lombardo, responsabile del gruppo di ricerca in “Regolazione epigenetica e modificazione mirata del genoma” dell’SR-Tiget (Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica) di Milano.
«Oggi la terapia genica “tradizionale” consiste nell'inserire nel Dna della cellula malata una copia funzionante del gene difettoso. Questo processo si è rivelato efficace in molti casi, ma talvolta può portare a dei problemi. È il caso di Scid-X1 dove, in passato, questa tecnica non ha funzionato come sperato». Il problema, racconta Lombardo, «è che con la terapia genica attuale, il luogo di inserimento del gene è casuale, non si può controllare. Il gene può finire così nel posto sbagliato, mal funzionando o interferendo con i geni propri della cellula».
LA PRECISIONE DELL’EDITING GENETICO - Con l’editing genetico, invece, nessuna aggiunta: viene corretto il gene difettoso nel luogo e nel contesto in cui questo naturalmente è presente. «Questo vuol dire non solo ripristinarne la sequenza genica, ma anche la funzione, in quanto questa verrà controllata dai normali meccanismi fisiologici a ciò deputati. E questo è un vantaggio enorme».
L’editing genetico può essere usato non solo per correggere un gene ma anche per “spegnere” un gene la cui attività deve essere arrestata. In questo caso, l'équipe farà il lavoro contrario: anziché riparare, inserirà degli errori di proposito, arrestando l’attività del gene. «Questo potrebbe essere un valido approccio per far fronte a situazioni molto diverse tra loro: per inattivare un gene il cui prodotto è dannoso per la cellula, per ostacolare l’accesso di un virus alla cellula stessa o per forzare la cellula ad esprimere un gene proprio con potenziale terapeutico, come nel caso delle talassemie».
TANTE STRADE DA PERCORRERE - L’editing genetico non è la sola strada per bloccare un gene: si può usare anche un approccio alternativo che sfrutta la cosiddetta “epigenetica”, un campo innovativo studiato da Lombardo che con queste ricerche ha ottenuto la pubblicazione su Cell, una prestigiosa rivista scientifica. «L’epigenetica racchiude tutti quei raffinati meccanismi normalmente presenti nelle nostre cellule che rendono un gene disponibile a essere “letto”, e quindi attivo, oppure lo tengono nascosto, disattivandolo. Occultando artificialmente un gene grazie all'azione di complessi molecolari costruiti ad hoc possiamo arrestarne l’attività. Per usare una metafora, è come se stendessimo una riga di bianchetto sopra una parola sbagliata di un libro che non permette di comprendere il testo. Si tratta di una via alternativa percorsa per scoprire nuovi approcci per la cura di diverse malattie, promettente e con molti ambiti di applicazione».
Cosa ci potremmo aspettare da queste tecnologie? Conclude Lombardo: «L’editing genetico potrebbe svolgere un ruolo chiave per la cura di molte malattie genetiche ma non solo. Diversi aspetti devono essere ancora studiati. Va migliorata l’efficienza per far sì che questa potente tecnologia si possa applicare a uno spettro sempre più ampio di malattie, e dobbiamo essere sicuri che il lavoro di questi microchirurghi sia davvero specifico. Ma, certamente, si tratta di una nuova frontiera su cui ci sono grandi aspettative: le prime positive conferme stanno arrivando».
Articolo tratto dal Telethon Notizie 4-2017. Di Donato Ramani