Nonostante gli ostacoli di questo lungo periodo di pandemia da Covid-19, la donazione a banche pubbliche del sangue del cordone ombelicale rimane un gesto importante.
Sono passati 32 anni da quando, nel 1988, un bambino statunitense di cinque anni affetto da anemia di Fanconi, una rara e grave forma di anemia caratterizzata dalla carenza di tutti i tipi di cellule del sangue, riceveva in un ospedale di Parigi il primo trapianto di cellule staminali emopoietiche prelevate dal sangue cordonale donato dalla sorellina e immunologicamente compatibile.
Solo pochi anni dopo, nel 1991, nasceva negli Stati Uniti la prima banca pubblica per la raccolta e conservazione di sangue cordonale donato al momento del parto, seguita da centri analoghi in Francia, Italia, Germania e resto del mondo. Proprio attraverso la donazione pubblica (anche chiamata solidaristica), infatti, questo sangue viene messo a disposizione di chiunque, nel mondo, possa averne bisogno.
Da quel primo successo di 32 anni fa, sono stati più di 40 mila in tutto il mondo i trapianti di cellule emopoietiche da sangue di cordone ombelicale, un materiale prezioso di cui oggi si ricorda l’importanza. Le cellule contenute nel cordone ombelicale, infatti, possono essere impiegate in sostituzione al trapianto “classico” di midollo osseo nel trattamento di oltre 80 malattie maligne ematologiche e del sistema immunitario come la leucemia o il linfoma, e malattie genetiche come l’anemia falciforme o di Fanconi e numerosi disturbi congeniti del metabolismo.
La donazione del sangue cordonale di un neonato a una banca pubblica è dunque un gesto importante di solidarietà, «da sostenere e portare avanti con forza» come ha dichiarato in una pillola video di Fondazione Telethon Maria Ester Bernardo, dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, anche se, va detto, le criticità organizzative degli ospedali l’hanno spesso ostacolata nei mesi di emergenza Covid-19.