Spiega Cristina Miele, Direttrice Amministrazione Finanza e Controllo di Ferrarelle Società Benefit: «In questi ultimi undici anni abbiamo stretto sempre di più il rapporto con la Fondazione, cercando una continuità progettuale».
Un nome, una forma e una qualità che da molti anni accompagnano la quotidianità di milioni di italiani. Sono i tratti inconfondibili di Ferrarelle che con Fondazione Telethon ha costruito una bella storia, crescendo parallelamente lungo un percorso fatto di sostenibilità, solidarietà e passione per la ricerca di un benessere stabile e diffuso.
Una vera e propria missione condivisa che, oltre ad aver prodotto evidenti risultati in termini di fondi raccolti per sostenere la ricerca scientifica, oggi costituisce un esempio cui riferirsi nel panorama sempre più consolidato della sostenibilità aziendale. Ce lo conferma Cristina Miele, Direttrice Amministrazione Finanza e Controllo di Ferrarelle Società Benefit.
Recentemente il Ferrarelle è divenuta società Benefit. Ci spiega cosa significa e come, in concreto, questo incida sull’operatività aziendale?
«Faccio un breve passo indietro. Era il 2015 quando Ferrarelle decise di costruire un nuovo stabilimento di produzione per il riciclo della plastica. Un’attività apparentemente distante dal core business dell’azienda ma in realtà connessa strettamente alla filosofia aziendale che individua nella sostenibilità ambientale un riferimento valoriale fondamentale. Da lì, in qualche modo, è stato avviato un processo e un modo di fare impresa, già presente nel Dna aziendale, che ha portato in tempi più recenti alla formalizzazione di un principio imprescindibile per noi, ovvero quello di affiancare all’attività profit anche un’attenzione sempre più profonda all’ambiente, al territorio, alle persone. Un’attitudine che è stata ratificata da un cambio di denominazione e di statuto che oggi presenta, nero su bianco, chiari obiettivi di beneficio comune a 360° che vanno costantemente monitorati e successivamente rendicontati in una relazione annuale nella quale, per un verso, si trova il consuntivo delle azioni di sostenibilità svolte nell’esercizio d’uso e, dall’altro canto, una sorta di pianificazione di quelle che saranno le iniziative che ci si prefigge di portare avanti in futuro».
Nella vostra ultima edizione di Bilancio di Sostenibilità la collaborazione con Telethon rappresenta una tappa importante che parte nel 2010 per arrivare ad oggi. Come si è evoluto negli ultimi anni questo rapporto e quali obiettivi vi ponete per il futuro?
«La partnership con Telethon è un tassello importante della nostra identità di azienda che, come detto, ha fatto della responsabilità sociale un elemento fondante imprescindibile. Negli anni abbiamo condiviso una progettualità comune avanzando nell’intento di fare sistema tra aziende che hanno manifestato lo stesso impegno a sostegno alla ricerca scientifica. Oltre ad alimentare questo network abbiamo proseguito a supportare le iniziative di Telethon in quanto siamo convinti che il beneficio che ne riceve la collettività nel suo complesso è cruciale. In questi ultimi undici anni abbiamo stretto sempre di più questo rapporto, cercando una continuità progettuale».
Ferrarelle e Telethon condividono, in qualche modo, una presenza “forte” in territorio campano dove risiede uno degli Istituti di punta del sistema di ricerca scientifica della Fondazione che è il Tigem. Come, a suo avviso, questa presenza ha influito sullo sviluppo locale e voi come dialogate con l’Istituto?
«Il Tigem è un’eccellenza in grado di attrarre talenti; l’Istituto non solo ha contribuito così allo sviluppo del territorio ma anche alla creazione di nuovi servizi, confidando nelle potenzialità del territorio e investendo, per questo, risorse importanti in termini logistici e di innovazione. Noi abbiamo spesso avuto l’onore e l’opportunità di poter visitare e interagire con una realtà a noi così prossima, in tutti i sensi, potendo avere riscontro diretto e concreto dei progetti e, ovviamente, dei successi che la ricerca è in grado di ottenere».
Viviamo ancora il periodo della pandemia e i termini “dono” e “solidarietà” hanno assunto un valore ancora più profondo. Da parte vostra avete constatato, in generale e anche nella vostra comunità aziendale, una maggiore propensione ad impegnarsi per la collettività?
«È bello fare riferimento al termine “dono” perché penso renda con maggiore efficacia il tipo di proposta che insieme a Fondazione Telethon stiamo portando avanti. La pandemia ha riguardato tutti in maniera indistinta e nessuno ha beneficiato di una protezione speciale di fronte a quello che è accaduto e ancora ci coinvolge. Abbiamo acquisito drammaticamente consapevolezza del fatto che nessuno può salvarsi da solo perché viviamo in una comunità interconnessa e di come occorra riporre fiducia nella ricerca scientifica grazie alla quale è possibile affrontare crisi così profonde e devastanti. Abbiamo giustamente preteso risposte rapide e la ricerca, destinataria di risorse come mai avvenuto prima, ha dimostrato che con il contributo di tutti si possono raggiungere obiettivi impensabili fino a poco tempo prima. La ricerca scientifica ha bisogno di noi tutti e il “dono” fatto con continuità è un “dono” che in realtà destiniamo a noi stessi, ovvero un futuro fatto di maggior benessere e di riscontri terapeutici molto più rapidi».