Alcune manifestazioni dell’albinismo oculare di tipo I, malattia genetica dovuta a un difetto dello sviluppo della retina che porta ad anomalie visive, strabismo e fotofobia, vengono corrette per la prima volta dalla terapia genica applicata al modello animale utilizzato per lo studio della malattia.
Introdurre nella retina dei topini affetti dalla malattia la versione corretta del gene migliora notevolmente la funzionalità retinica, in particolare l’adattamento al buio, e aumenta il numero dei cosiddetti melanosomi, gli organelli che nelle cellule pigmentate della retina contengono la melanina, il pigmento che colora pelle, capelli e occhi.
È questo il contenuto della pubblicazione uscita su Molecular Therapy* ad opera del gruppo coordinato da Alberto Auricchio, ricercatore Telethon presso l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM). Il gene responsabile dell’albinismo oculare di tipo I si chiama OA1 ed è stato identificato da un gruppo di ricercatori presso lo stesso TIGEM nel 1995: produce una proteina che si trova sulla membrana dei melanosomi la cui funzione è a tutt’oggi ignota.
“Il topino malato di albinismo oculare di tipo I, a cui manca il gene OA1, è l’unico sistema disponibile al momento per studiare le cause della malattia genetica e testare eventuali strategie terapeutiche per una malattia finora senza cura”, commenta Auricchio. Il fatto che la malattia colpisca specificamente un organo, le cellule pigmentate della retina, rappresenta un vantaggio per il trasferimento genico, in quanto è molto più semplice ed efficace inserire il gene sano solo in un distretto corporeo, soprattutto se tale distretto è racchiuso e protetto come l’occhio.
Il gene OA1 viene introdotto nella retina grazie a un “proiettile biologico”, un virus chiamato AAV (adeno-associated virus) che nel topino funziona molto bene e non dà alcun effetto collaterale. Prossima tappa: testare l’efficacia, la tossicità e l’innocuità nella retina dell’uomo.
Il lavoro, a cui ha contribuito un altro ricercatore del TIGEM, Enrico Maria Surace, è importante perché identifica nuove anomalie della funzionalità retinica, in parte responsabili dei danni alla vista in pazienti con albinismo oculare e mostra il recupero di tali anomalie grazie alla correzione del difetto genetico. Conclude Auricchio: “Alcuni dei danni funzionali e strutturali alla retina provocati dalla malattia possono essere riparati con la terapia genica, che rappresenta una nuova possibile via per la cura dell’albinismo oculare e di altre malattie genetiche dell’occhio: i prossimi passi consisteranno nel valutare il rapporto rischio-beneficio di una eventuale sperimentazione di questo tipo nell’uomo”.
Alla ricerca ha partecipato Carlo Tacchetti, responsabile presso l’Università di Genova del servizio Telethon di microscopia elettronica a disposizione della comunità scientifica italiana, che ha permesso di analizzare numero e forma dei melanosomi nelle cellule della retina.
*Surace EM et al., Mol Ther. 2005 Oct;12(4):652-8