Che cos’è l’autismo? Cosa significa ASD? Quali sono i sintomi? Rispondiamo insieme ad alcune delle domande più frequenti su questa condizione, in occasione della Giornata internazionale 2024.
Si celebra il 2 aprile in tutto il mondo la Giornata internazionale per la consapevolezza sull’autismo, istituita fin dal 2007 dalle Nazioni Unite per affermare e promuovere la piena realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone con questa condizione. Oggi più che di autismo si parla di disturbi dello spettro autistico: un raggruppamento di condizioni che hanno in comune anomalie comportamentali e difficoltà nell’interazione sociale e nella comunicazione, ma anche – talvolta – particolari sensibilità sensoriali e carenze cognitive. Colore simbolo della Giornata è il blu.
Ad oggi le cause dell’autismo non sono completamente note, né esiste una cura definitiva. Per questo la ricerca scientifica è fondamentale e Fondazione Telethon ha fatto la sua parte: ad oggi sono 23 i progetti di ricerca finanziati in questo ambito, per un investimento complessivo superiore a 5 milioni di euro.
I progetti di ricerca finanziati hanno l'obiettivo di studiare i meccanismi molecolari e cellulari coinvolti in questa condizione, che da un punto di vista biologico è ormai concordemente descritta dalla comunità scientifica come un disturbo dello sviluppo neurologico di origine genetica. Un disturbo che di fatto compare già in utero e può manifestarsi nei primi mesi di vita, anche se i segni più chiari diventano visibili intorno ai due-tre anni d’età.
Ma cogliamo l’occasione di questa giornata per provare a rispondere alle domande più frequenti.
Che cos’è l’autismo?
Per molto tempo l’autismo è stato erroneamente considerato un disturbo dovuto a relazioni inadeguate all’interno del contesto familiare: oggi è considerato una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita.
Perché oggi si parla soprattutto di disturbi dello spettro autistico?
Alla luce delle conoscenze attuali, è più corretto parlare di disturbi dello spettro autistico (ASD) piuttosto che di autismo. Il termine “spettro” sta a indicare come la frequenza, la tipologia e l’intensità dei diversi comportamenti problematici possano variare nel tempo e da individuo a individuo. Nell’insieme, i disturbi dello spettro autistico riguardano circa una persona su cento, con stime simili in campioni di bambini e adulti; gli studi fatti su tutta la popolazione, e non solo su quella che accede ai servizi, danno stime di 1 su 50.
Quali sono i sintomi dei disturbi dello spettro autistico?
Come descritto da Anffas, l’Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo da anni al fianco di Fondazione Telethon nel sostegno alla sua missione, i disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da una compromissione grave e generalizzata in due aree dello sviluppo: quella delle capacità di comunicazione e interazione sociale e quella nell’area degli interessi e delle attività.
Ecco alcuni dei sintomi che queste persone possono manifestare:
- difficoltà nella comunicazione verbale, nella condivisione di interessi, emozioni o sentimenti, nell’avvio di interazioni con gli altri.
- nella comunicazione non verbale, possono fare fatica a mantenere il contatto visivo con le persone vicine o presentano una totale mancanza di espressività facciale.
- a livello relazionale, faticano a adattare il proprio comportamento ai diversi contesti sociali e in genere mostrano disinteresse verso i coetanei. Spesso adottano atteggiamenti ripetitivi e rigidi, hanno interessi molto limitati e possono reagire in modo anomalo a stimoli sensoriali o ambientali (suoni improvvisi, lampi di luce, ecc).
- questi disturbi sono spesso accompagnati da disabilità intellettiva.
Quali sono le cause dei disturbi dello spettro autistico?
Ad oggi le cause dei disturbi dello spettro autistico sono ancora poco conosciute, ma è attualmente condiviso che alla base vi siano fattori sia genetici che ambientali. Nel 90 per cento dei casi si tratta di forme idiopatiche, che non sono cioè riconducibili ad altre sindromi e non sono associate a malformazioni: in questi casi si stima che la componente genetica “pesi” per circa il 20 per cento. Riguardo invece ai possibili fattori ambientali predisponenti sono stati ipotizzati complicazioni durante la gravidanza o la nascita o esposizione in utero a sostanze tossiche o agenti infettivi. Nel 10 per cento dei casi, invece, l’autismo dipende in modo diretto da mutazioni in uno o più geni specifici e diventa una delle manifestazioni di sindromi rare più complesse come la sindrome dell’X fragile, la sindrome di Timothy o la sindrome di Rett.
Complessivamente, l’origine genetica è identificabile ad oggi in circa il 25-35 percento dei casi, grazie anche alle moderne tecnologie di sequenziamento del Dna. Nella maggior parte dei casi si tratta di mutazioni a carico di singoli geni non ereditate dai genitori (de novo): ad oggi ne sono state associate più di 100 alle malattie dello spettro autistico, a carico di geni che codificano per proteine coinvolte in vario modo nello sviluppo e nel mantenimento delle reti nervose.
Esistono dei test per l’autismo?
Attualmente la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico si basa sull’osservazione clinica da parte di medici esperti, in collaborazione con i genitori e gli educatori durante l’età scolastica, e con il supporto di test cognitivi e comportamentali. Recentemente sono stati rivisti e validati criteri che consentono una diagnosi più precisa e permettono di distinguere correttamente questi disturbi da altre disabilità intellettive con caratteristiche simili.
Come si cura l’autismo?
Attualmente non esiste una cura definitiva. Inoltre, vista l’estrema varietà di sintomi compresi nello spettro autistico, non esiste un unico trattamento ottimale. Grazie a programmi di intervento comportamentale è possibile migliorare le difficoltà di linguaggio, interazione sociale e motricità. La precocità nell’adottare programmi scolastici specifici e il pieno coinvolgimento dei genitori e dei familiari possono ridurre notevolmente i sintomi, aumentare le possibilità di acquisire nuove abilità e migliorare l'inclusione sociale.
Alcuni farmaci, come per esempio il risperidone e il metilfenidato, possono contribuire a migliorare alcuni sintomi che spesso si associano a questi disturbi, quali irritabilità, iperattività, comportamenti stereotipati: tuttavia, va sempre ricordato che non sono una cura e vanno prescritti da un centro specializzato.