Il progetto, coordinato da Maria Teresa Fiorenza della Sapienza Università di Roma, punta a esplorare la convergenza tra le alterazioni cellulari associate alla malattia di Niemann-Pick di tipo C1 e i processi molecolari di infezione da parte di Sars-Cov-2.
Le malattie genetiche rare e le infezioni virali hanno in comune molti più aspetti di quanti si potrebbe pensare, a partire dal fatto che in alcuni casi le malattie genetiche rare dipendono da alterazioni in “macchinari” e processi cellulari che sono gli stessi utilizzati dai virus per invadere nuove cellule e proliferare al loro interno.
La malattia di Niemann Pick di tipo C1, per esempio, è una malattia genetica rara caratterizzata dall’incapacità di metabolizzare in modo corretto colesterolo e altri lipidi, che si accumulano nelle cellule provocando sintomi sistemici, cioè a carico di vari organi e tessuti. È già noto da tempo che il difetto molecolare responsabile della malattia, vale a dire la perdita di funzione della proteina NPC1 causata da mutazioni nel gene corrispondente, conferisce alle cellule la capacità di resistere all’infezione da parte di temibili virus come ebola, HIV e SARS-Cov-1. Da qui l’idea della ricercatrice Maria Teresa Fiorenza, docente di neurobiologia alla Sapienza Università di Roma, di verificare se qualcosa di analogo accada anche nel caso dell’infezione da SARS-Cov-2.
Fiorenza, che da alcuni anni si occupa in particolare degli effetti della perdita di funzione di NPC1 sulle cellule del sistema nervoso, spiega che il legame tra malattia di Niemann-Pick e resistenza ad alcune infezioni virali dipende dal fatto che il caratteristico accumulo intracellulare di colesterolo porta ad alterazioni di un compartimento cellulare essenziale per il ciclo vitale del virus.
Obiettivo del progetto di ricerca risultato tra i vincitori del Bando che Fondazione Telethon ha dedicato a studi in grado di utilizzare le malattie genetiche rare per approfondire le conoscenze sul SARS-CoV-2 è lo sviluppo di nuovi modelli cellulari di derivazione animale in cui analizzare gli effetti dell’inattivazione della proteina NPC1 sull’infezione da parte del nuovo coronavirus. «Poiché il primo bersaglio di questo virus è costituito da cellule delle basse vie aeree, il nostro modello si baserà su pneumociti, cellule del polmone» sottolinea la ricercatrice.
Se si confermerà un effetto positivo, questo potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche contro il Covid-19 basate sull’inattivazione della proteina NPC1: «Ovviamente un’inattivazione temporanea e parziale per evitare le conseguenze cellulari provocate nel caso della malattia», precisa Fiorenza, sottolineando inoltre che la strada di un eventuale passaggio dalla ricerca in laboratorio alla clinica è lunga, ma che come sempre è fondamentale fare il primo passo. Che per altro potrebbe avere ricadute positive sulla stessa malattia di Niemann-Pick C1. «Perché nel caso delle malattie genetiche rare, qualsiasi studio che ne aumenti la conoscenza è più che benvenuto e in futuro potrebbe portare ad applicazioni non previste».