Attya Omer racconta l’ambizioso progetto di ricerca che ha appena ottenuto uno starting grant dell’ERC, un importante finanziamento europeo dedicato a ricercatori all’inizio della loro carriera.
“Il mio obiettivo a lungo termine? Evitare il passaggio con la chemioterapia nel trapianto di cellule staminali del sangue, che si utilizza nella terapia di alcune malattie genetiche rare del sangue e del sistema immunitario e per trattare tumori ematologici”. Attya Omer, ricercatrice dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano e dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ha le idee molto chiare su cosa desidera ottenere dalla sua carriera, che ha appena ricevuto un’accelerazione importante grazie a uno starting grant dello European Research Council (ERC).
Si tratta di un finanziamento del valore di 1,5 milioni di euro e della durata di cinque anni destinato ai ricercatori di talento perché possano avviare un loro progetto indipendente. “Per natura – commenta Omer – mi interrogo continuamente sulla qualità del mio lavoro e sulla sua competitività a livello internazionale. Questo è il riconoscimento del suo effettivo valore: è stato un grande orgoglio riceverlo”.
Omer, che ha 35 anni e tre figli, è all’SR-Tiget, nel laboratorio di “Nuove strategie di terapia genica” guidato dal direttore dell’Istituto, prof. Luigi Naldini, dal 2018. Nata a Parigi da genitori pakistani, dopo i primi studi di neurobiologia in Francia, si è trasferita negli Stati Uniti, al Whitehead Institute for Biomedical Research di Cambridge, nel Massachusetts, per occuparsi di microcefalia, una condizione che determina una diminuzione del volume del cervello.
“Cercavo di capire perché questa condizione impatti solo il cervello e non il resto del corpo” ricorda la ricercatrice. “Ero felicissima, ma a un certo punto mi è stato diagnosticato un tumore del sangue e tutto è cambiato”. Il tumore è stato curato, ma come per tantissimi pazienti, gli effetti collaterali della chemioterapia sono stati molto pesanti. È così che Omer decide di cambiare ambito di ricerca: “Quello che facevo era interessante, ma un possibile impatto sui pazienti era troppo lontano nel tempo. Volevo occuparmi di cellule staminali del sangue e fare qualcosa di più vicino ai pazienti. Ho chiesto al mio capo americano quale fosse il posto migliore per questi studi in Europa – dove volevo tornare per stare più vicina a mio marito e alla mia famiglia – e lui non ha avuto dubbi: il laboratorio di Luigi Naldini all’SR-Tiget”.
Qui è cominciato il lavoro sulle cellule staminali del sangue – le progenitrici di tutte le cellule del sangue come globuli rossi e globuli bianchi – che l’ha portata, oggi, a vincere il grant ERC. “Partiamo dal presupposto che il trapianto di queste cellule – prelevate da un donatore sano o dal paziente stesso (in questo caso sono poi geneticamente modificate) – ha rivoluzionato la cura di gravi malattie del sangue e del sistema immunitario” spiega la ricercatrice. “Grazie all’infusione di cellule staminali sane, il paziente torna in grado di produrre cellule del sangue sane, guarendo dalla malattia. Per quanto efficace, però, questo intervento ha dei limiti e può comportare rischi importanti”.
Per esempio: per raccogliere abbastanza cellule staminali funzionanti, i pazienti o i donatori vengono sottoposti a un trattamento che favorisce il trasferimento delle cellule staminali del sangue dal midollo osseo, dove si trovano, al circolo sanguigno. Questo processo, chiamato mobilizzazione, può risultare inefficiente, rendendo così difficile ottenere la quantità di cellule necessaria.
Inoltre, una volta re-infuse nel circolo sanguigno del paziente, le cellule staminali sane hanno bisogno di raggiungere il midollo osseo per attecchire e crescere. Tuttavia, soltanto una piccola percentuale ci riesce, risultando in una produzione insufficiente di cellule del sangue. Infine, prima che le cellule staminali ematopoietiche sane possano trovare posto nel midollo osseo, le cellule pre-esistenti vanno eliminate. Per fare questo, viene sempre somministrata una chemioterapia che può danneggiare diversi organi, compromettendo la qualità di vita del paziente durante la terapia stessa, ma in alcuni casi anche la sua salute futura.
Ecco: obiettivo del progetto di Attya Omer è trovare nuove soluzioni a queste limitazioni, per rendere il trapianto di cellule staminali del sangue un trattamento più sicuro ed efficace e applicabile a un numero maggiore di malattie. “Per farlo, con i miei collaboratori seguiremo due strade. Anzitutto, sfruttando tecniche di analisi molto avanzate cercheremo di comprendere meglio il comportamento delle cellule staminali del sangue nel loro ambiente naturale, cioè il midollo osseo, e i fattori che ne promuovono da una parte la mobilizzazione e dall’altra il ritorno al midollo osseo quando vengono infuse. Una volta acquisite queste conoscenze, cercheremo di sviluppare nuovi approcci che permettano al midollo osseo di ricevere le nuove cellule sane senza ricorrere a farmaci chemioterapici tossici”.