Gaetano Cantalupo, ricercatore Telethon studia questo gene che potrebbe essere responsabile di diversi disturbi del neurosviluppo, in particolare collegati alla sindrome di Coffin-Siris.
Pesa circa 1500 grammi ed è appena più grande di un pugno, ma è l’organo più importante del nostro organismo. Il cervello con la sua fitta rete di centinaia di miliardi di neuroni, orchestra ogni aspetto della nostra vita: ci consente di percepire il mondo, immagazzinare i ricordi, leggere, parlare, sognare, camminare. Tutto si base sulle connessioni fra le cellule nervose. Se qualcosa, infatti, interferisce con l’attività neuronale, queste funzioni possono incepparsi.
Gaetano Cantalupo studia il nostro cervello. Come funziona e cosa può farlo inceppare. Al centro della sua nuova sfida il gene ARID1B, sul banco degli imputati perché responsabile di diversi disturbi del neurosviluppo. Tra questi la sindrome di Coffin-Siris, di cui Cantalupo si appresta a studiare la storia naturale nell’ambito di un progetto Telethon.
Professore associato di neuropsichiatria infantile all’Università di Verona, Cantalupo si occupa di malattie neurologiche dell'età pediatrica. In particolare, la sua attività di ricerca clinica è legata all’epilessia. L’Unità di neuropsichiatria infantile dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Integrata di Verona, dove Cantalupo incontra i giovani pazienti, è infatti uno dei Centri della Rete Europea di Riferimento (ERN) per le Epilessie Rare e Complesse (EpiCARE).
«L’epilessia in età evolutiva pone sfide diagnostiche e terapeutiche molto complesse» afferma. «Il nostro progetto finanziato da Telethon parte dall’osservazione di alcuni pazienti con epilessia a cui abbiamo diagnosticato la sindrome di Coffin-Siris legata a mutazioni del gene ARID1B».
Il gene ARID1B
ARID1B è uno dei geni più frequentemente mutati nei disturbi del neurosviluppo su base monogenica (legati cioè a mutazioni in un solo gene). «In altre parole, mutazioni di questo gene possono causare diverse condizioni cliniche, accomunate da deficit intellettivi e dalla possibile presenza di epilessia, che vanno da quadri di disabilità intellettive non-sindromiche alla sindrome di Coffin-Siris» puntualizza il ricercatore. Che spiega: «La sindrome di Coffin-Siris è una sindrome genetica multisistemica, eterogenea dal punto di vista clinico e genetico: è caratterizzata principalmente da disabilità intellettiva, ma non coinvolge solo il sistema nervoso centrale». Il deficit cognitivo, dunque, non è l’unico segno clinico.
«La sindrome si manifesta con ritardo nello sviluppo: i deficit cognitivi si registrano soprattutto a carico del linguaggio. Ma i bambini con questa patologia rara manifestano anche ipotonia e caratteristiche dismorfiche del volto: sopracciglia spesse, ciglia lunghe, folta peluria, infezioni ricorrenti, disturbi della vista e dell’udito, anomalie a livello scheletrico (soprattutto a carico della mano), anomalie cardiache ed endocrinologiche che comportano, queste ultime, un ritardo nella crescita. Insomma, è una sindrome molto complessa».
Il gene ARID1B non è l’unico imputato. «Mutazioni in diversi geni possono determinare questa sindrome, ma il gene ARID1B è il più frequentemente mutato: dalla metà ai tre/quarti dei pazienti con la sindrome di Coffin-Siris hanno mutazione in questo gene». Nonostante ciò, ancora ben poco è noto in merito a come la disfunzione del gene ARID1B agisca nel tempo, determinando l’evoluzione della storia clinica dei pazienti.
«Sappiamo che il gene ARID1B modula la cromatina e quindi l’espressione di tanti geni differenti: motivo per cui anche le manifestazioni cliniche di questa patologia sono multisistemiche. Non sono cioè a carico solo del sistema nervoso, ma, come dicevo, riguardano anche l’apparato scheletrico, cardiocircolatorio, ecc».
Come spiega Cantalupo, dunque, ARID1B partecipa alla modulazione dell’espressione di un numero enorme di geni, motivo per cui difetti in questo gene hanno un impatto nocivo su diverse vie dello sviluppo.
«Di fatto, mutazioni di ARID1B determinano, in maniera indiretta, una alterata comunicazione fra i neuroni, interferendo con l'organizzazione delle reti cerebrali, senza che questo possa essere rilevabile macroscopicamente». Questo significa che la risonanza magnetica dei pazienti non evidenzia alcuna alterazione della struttura del cervello.
«E il sistema nervoso centrale - continua Cantalupo - può mantenere la funzionalità delle reti meno complesse, infatti i bambini con questa mutazione sono in gran parte in grado di deambulare e interagire in modo semplice con l'ambiente e le persone che li circondano, ma le funzioni più complesse sono più o meno severamente compromesse, determinando la disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo».
Una macchina straordinaria
Del resto, il nostro cervello è come un elaboratore di informazioni. Riceve stimoli dall’esterno - visivi, uditivi, olfattivi - che elabora per produrre una risposta. E questo è anche il modo di funzionare del “mattoncino” fondamentale del cervello, il neurone: ricezione degli input, elaborazione centrale, produzione di output. Anche il neurone quindi, qualsiasi neurone, funziona così: ha una zona recettiva in cui raccoglie le informazioni dagli altri neuroni, poi integra i messaggi e produce una risposta che viaggia attraverso l’assone, (il caratteristico prolungamento delle cellule nervose) raggiunge la sinapsi (il ponte tra due neuroni) e viene veicolata al neurone successivo mediante i neurotrasmettitori.
«La nostra capacità di pensare, parlare, immaginare, agire deriva proprio dal fatto che i neuroni sono connessi in reti intricate e ben organizzate. E dato che tutto si basa sulla connettività tra i diversi neuroni, quando qualcosa interferisce con la maturazione del sistema nervoso, la rete di neuroni non funziona in modo adeguato e andiamo incontro a deficit e alterazioni di alcune funzioni» spiega Cantalupo.
Uno studio multicentrico
La sindrome di Coffin-Siris è una patologia rara per la quale non esistono ancora chiari indicatori clinici di evoluzione. «Ci proponiamo allora di colmare questa lacuna con uno studio che coinvolge 7centri clinici e circa 135 pazienti pediatrici (di età compresa fra 2 e 18 anni) di cui monitoreremo lo sviluppo per oltre 2 anni».
Cantalupo è stato co-finanziato da Fondazione Telethon nell’ambito dell’iniziativa europea EJP RD nata per promuovere la collaborazione tra diversi centri di ricerca nel campo delle malattie rare. «Cercheremo di conoscere la storia naturale di questa sindrome e di comprendere come evolve nel tempo, soprattutto sul fronte della disabilità intellettiva e di eventuali crisi epilettiche».
«Il fine di tutte le ricerche cliniche - conclude il neurologo - è arrivare alla messa a punto di una nuova terapia che possa migliorare la qualità della vita dei pazienti. Nel breve termine noi ci prefiggiamo di individuare indicatori utili per indirizzare la diagnosi, per valutare l’evoluzione della malattia e, in prospettiva, per poter un giorno valutare l’efficacia di eventuali trattamenti terapeutici. Per farlo, infatti, è fondamentale conoscere la storia naturale di una patologia. Abbiamo dunque definito un protocollo per seguire in modo omogeneo i pazienti».