L’aroma del caffè che ci sveglia al mattino viaggia dal naso al cervello come tutti gli odori: sotto forma di segnali nervosi. Ma come si crea durante la vita embrionale quel legame tra il naso e il cervello che dura tutta la vita? La risposta arriva da una ricerca finanziata da Telethon, i cui risultati fanno luce anche sui meccanismi di una rara malattia genetica, la sindrome di Kallmann, caratterizzata, fra gli altri sintomi, dall’incapacità di riconoscere gli odori (anosmia) e gravi deficit riproduttivi.
Autore del lavoro, pubblicato il 5 settembre 2007 sul Journal of Neuroscience* (l’autorevole rivista della società americana di neuroscienze), è Giorgio Merlo, ricercatore dell’IstitutoTelethon Dulbecco presso il Cnr di Segrate (Mi), in collaborazione con i colleghi del dipartimento di Biologia animale e umana dell’Università di Torino.
Le terminazioni nervose partono dal naso e, per entrare nel cervello, devono superare una zona di confine che rappresenta una barriera. Merlo e i suoi colleghi hanno scoperto che alcune cellule specializzate fungono da guardiani: sono in grado di riconoscere i segnali mandati dai nervi in avvicinamento e fanno abbassare la barriera per permetterne l’ingresso nel cervello. Questo avviene durante la vita embrionale e fa sì che si crei il legame nervoso fra le cellule olfattive (che percepiscono gli odori) e il cervello (che li elabora). Una volta creata, questa via viene utilizzata anche come binario da alcune cellule endocrine molto importanti: queste cellule devono raggiungere il cervello per poter funzionare e sono necessarie per lo sviluppo sessuale e la riproduzione.
Alcuni geni chiamati Wnt, studiati da Merlo, sono i fattori chiave di questo processo e servono ad attivare la popolazione di cellule “guardiane” permettendo la connessione al cervello. “Bloccando questi geni – spiega Merlo - si interrompe la connessione durante lo sviluppo”. I risultati sono il proseguimento di un lavoro che già nel 2003 aveva portato il gruppo di Merlo a identificare altri geni, chiamati Dlx, la cui mutazione provoca gravi danni al sistema olfattivo, endocrino e riproduttivo, caratteristici della sindrome di Kallmann. I pazienti affetti da questa malattia hanno infatti problemi di anosmia (incapacità di riconoscere gli odori) e di ipogonadismo (genitali poco sviluppati, assenza di pubertà).
Lo studio dei geni Wnt e Dlx potrebbe dunque fornire informazioni utili nel comprendere i meccanismi di questa malattia, che nell’ 80% dei casi non ha una mutazione genetica nota. Un altro aspetto dei neuroni olfattivi risulta estremamente interessante per i ricercatori: la loro capacità di rigenerare. “Oltre a nuovi elementi utili allo studio della sindrome di Kallmann - conclude Merlo - questa e le precedenti scoperte possono aiutare a chiarire i meccanismi di ricambio e di rigenerazione tipici dei neuroni del sistema olfattivo e darci indicazioni sul perché questi meccanismi non siano efficaci in altre regioni, come nel midollo spinale”.
La sindrome di Kallmann è una rara malattia genetica che colpisce un maschio su 10.000 e una femmina su 50.000. Le modalità con cui si trasmette sono sia autosomica dominante che autosomica recessiva; la forma ad oggi più studiata è quella recessiva legata al cromosoma X. Non esiste ad oggi una terapia risolutiva per la sindrome ma solo per l’ipogonadismo.
*Zaghetto A., Paina S., Mantero S., Platonova N., Peretto P., Bovetti S., Puche A., Piccolo S., Merlo G.R. (2007) Activation of the Wnt-bcatenin pathway in a cell population on the surface of the forebrain is essential for the establishment of olfactory axon connections. J. Neurosci. 27: 9757-9768