Il risultato ottenuto grazie a una tecnologia che deriva anche dalla ricerca su malattie rare. Coinvolto nella scoperta anche il ricercatore Telethon Emiliano Biasini.
La company Sybilla Biotech e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) hanno annunciato questa mattina l’identificazione di una prima lista di 35 composti potenzialmente attivi contro COVID-19 identificati grazie a una metodologia molto innovativa nata grazie anche al contributo di Fondazione Telethon: dal nome complesso - PPI-FIT, acronimo che sta per Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting - questa metodologia rappresenta un vero e proprio cambiamento di paradigma nel drug design, il disegno di farmaci su misura, ed è stata ideata da due ricercatori che sono anche co-fondatori di Sybilla: Emiliano Biasini dell’Istituto Telethon Dulbecco e Pietro Faccioli dell’Infn, un biologo molecolare e un fisico delle particelle i cui laboratori si trovano entrambi all’Università di Trento.
Finora il metodo “classico” si è sempre basato sulla messa a punto di molecole in grado di legare una molecola biologica in modo da modularne o bloccarne l’attività. Alla base della metodologia ideata da Biasini e Faccioli e acquisita da Sybilla c’è invece un’idea del tutto nuova, quella di agire non sulla conformazione finale della molecola bersaglio, ma sui suoi stadi intermedi durante la maturazione, così da impedirne di fatto l’azione indesiderata. Tutte le proteine nascono infatti come una catena di aminoacidi, che possiamo immaginare come un filo di lana, e vanno incontro a successivi ripiegamenti - immaginiamo il filo che diventa gomitolo - prima di assumere la loro forma definitiva. Se durante l’avvolgimento del gomitolo arriva un farmaco che interferisce con i successivi ripiegamenti, quella proteina non matura correttamente e la cellula interviene subito per eliminarla: il risultato è che diminuisce il numero di proteine giunte alla conformazione definitiva. Per progettare farmaci in grado di fare questo è necessario, però, conoscere quali sono tutte le forme intermedie assunte dalla proteina: sarebbe possibile farlo grazie a delle simulazioni al calcolatore, ma oggi, anche utilizzando il più grande supercomputer al mondo, appositamente progettato per questo genere di calcoli, ci vorrebbero secoli o millenni per ottenere le strutture degli intermedi. Biasini e Faccioli sono, tuttavia, riusciti a superare questo ostacolo grazie alla messa a punto di un innovativo metodo di calcolo computazionale derivato da metodi matematici sviluppati in fisica delle particelle.
Tra le prime proteine studiate da Biasini e Faccioli per individuare molecole in grado di bloccarne l’attività tossica c’è quella prionica, responsabile quando alterata di gravi malattie neurodegenerative come la malattia di Creutzfeldt-Jakob, nota al grande pubblico anche come “morbo della mucca pazza”, l’insonnia fatale familiare e la malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker (leggi la news).
Nel contesto dell’emergenza attuale, i ricercatori di Sybilla hanno utilizzato questa piattaforma tecnologica per individuare possibili molecole in grado di modulare in modo fine l’espressione di ACE2, una proteina che si trova normalmente sulla superficie delle cellule polmonari (oltre che delle cellule di altri organi come cuore e intestino) e che abbiamo imparato a conoscere in queste settimane perché il virus SARS-CoV-2 la usa come “porta d’ingresso” per l’infezione. Grazie alla potenza di calcolo aggiuntiva messa a disposizione da INFN per accelerare ulteriormente i tempi, i ricercatori in poche settimane hanno individuato gli stadi intermedi “adatti” della proteina ACE2 e vagliato la capacità di legame di oltre 9000 composti già autorizzati per l’uso clinico in altri ambiti: complessivamente ne hanno identificati 35, la cui effettiva efficacia nei confronti di COVID19 andrà successivamente valutata tramite specifici test in laboratorio.
Rispetto alle strategie attualmente in studio, che di fatto cercano di rendere la vita difficile al virus “chiudendo” questa la via ingresso rappresentata da ACE2, questa strategia potrebbe presentare dei vantaggi significativi. ACE2 è infatti una proteina importante per la regolazione della pressione sanguigna (i cosiddetti ACE-inibitori sono infatti tra i più comuni farmaci antipertensivi oggi utilizzati) e annullarne completamente l’espressione potrebbe avere effetti collaterali non trascurabili. Per di più, la funzione di ACE2 è anche protettiva rispetto ai danni polmonari causati dal virus. Grazie a questo nuovo approccio, invece, si potrebbe riuscire a ridurre l’espressione della proteina quel tanto che basta per garantire che ACE2 continui a svolgere il suo lavoro e che il virus, possa essere attaccato dal sistema immunitario mentre si dilunga nella ricerca dei pochi punti d’ingresso nella cellula.