Circa 4.200 persone sono colpite nel nostro Paese da emofilia, una malattia genetica rara del sangue. Riparare le ferite è un compito per cui il nostro organismo è decisamente ben attrezzato: esiste un vero e proprio “esercito” in grado di promuovere la formazione di “tappi” che impediscono la fuoriuscita del sangue dai vasi sanguigni danneggiati. Nei pazienti emofilici, però, questo processo non funziona a dovere a causa di un gene difettoso e per tutta la vita queste persone sono esposte al rischio di emorragie, anche spontanee, che se non trattate possono risultare letali.
All’Istituto San Raffaele Telethon di Milano (SR-Tiget) è stata sviluppata una tecnica di terapia genica, che si sta già rivelando vincente nei confronti di altre malattie genetiche, che permetterebbe in futuro di trasferire una versione corretta al paziente del gene difettoso causa della malattia.
Un futuro pieno di speranza, dunque, per chi soffre oggi di una malattia che storicamente è nota come una malattia “nobile”. Infatti “Anche i ricchi piangono” - il titolo di una celebre telenovela messicana di qualche anno fa - ben si adatterebbe anche alla storia, per esempio, dei discendenti della regina Vittoria d’Inghilterra (1819-1901), molti dei quali affetti da emofilia o, meglio, dal “male regale”, come ci tramandano i documenti di allora. Diversi discendenti maschi della monarca britannica morirono prematuramente a causa di emorragie improvvise, spesso provocate da incidenti banali come una semplice caduta per terra: prima Leopold, figlio di Vittoria, poi i nipoti Friedrich, Leopold e Maurice. La consuetudine dei matrimoni tra discendenti di diverse stirpi ha poi fatto sì che la malattia si diffondesse anche nelle case regnanti europee di Germania, Spagna e Russia.
Ne era affetto, tra gli altri, anche il principe Aleksej Romanov, figlio dello zar Nicola II e pronipote della regina Vittoria, che morì a soli 13 anni quando l’intera famiglia fu sterminata dai bolscevichi durante la Rivoluzione di ottobre. E proprio i resti del giovane principe e della sorella Maria hanno permesso quasi un secolo dopo di confermare che il “male regale” era proprio l’emofilia, e più precisamente quella di tipo B. Un gruppo di scienziati dell’Università del Massachusetts (Usa), guidati dal genetista russo Eugeny Rogaev, ha infatti analizzato il Dna di alcuni frammenti ossei ottenuti dai resti dei due giovani figli dello zar, identificati soltanto negli anni Novanta.
Grazie alle moderne tecniche di genetica molecolare, gli scienziati sono andati alla ricerca di eventuali mutazioni associate all’emofilia A e, non avendone trovata alcuna, hanno provato a cercare quelle responsabili della forma B, con esito questa volta positivo. La conferma è arrivata anche dall’analisi del Dna della madre del principe Aleksei, la zarina Aleksandra, e della sorella Anastasia, risultate entrambe portatrici sane della malattia. I risultati di questo studio “retrospettivo” sono stati pubblicati su Science nel 2009, a oltre 60 anni di distanza dalla scomparsa dell’ultimo discendente della Regina Vittoria, e hanno aiutato a ricostruire la diffusione del “male regale” tra i regnanti d’Europa nel corso degli ultimi due secoli.