Una moratoria di almeno 5 anni che per il momento blocchi qualsiasi sperimentazione clinica dell’editing genetico su gameti ed embrioni umani destinati all’impianto nell’uomo: a proporlo oggi su Nature è un gruppo internazionale di scienziati e bioeticisti che invita la comunità scientifica a una presa di responsabilità di fronte alle controverse applicazioni di una tecnica di modificazione genica dalle grandi potenzialità ma su cui c’è ancora tanto da studiare. L’invito a tutti i Paesi del mondo è di aderire normativamente alla sospensiva e avviare un processo di valutazione che, pur rispettandone l’autonomia rispetto alle scelte finali, garantisca cautela, trasparenza e condivisione internazionale anticipata dell’eventuale decisione di aprire questa strada.
L’appello, che porta tra le altre anche la firma del direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) Luigi Naldini, rappresenta di fatto la reazione a una vicenda che negli ultimi mesi ha scosso le coscienze di tutto il mondo, non solo quello della scienza: l’annuncio della nascita presso lo Home Women’s and Children’s Hospital di Shenzhen (Cina) di due bambine definite “su misura” dai mass media, resistenti all’Hiv grazie a una modifica apportata a livello embrionale con la tecnica dell’editing genetico (Crispr/Cas9) in un particolare gene coinvolto nell’ingresso del virus Hiv nelle cellule umane e che in una piccola percentuale della popolazione rende naturalmente resistenti all’infezione. Un intervento che ha suscitato moltissime perplessità non solo perché avvenuto contravvenendo a varie norme e disposizioni che regolano una corretta sperimentazione clinica, ma soprattutto perché da molti ritenuto prematuro rispetto a una reale comprensione del rapporto tra rischi e benefici.
«Quello che chiediamo è una moratoria, non una messa al bando: non si tratta cioè di un tentativo di mettere i freni alla ricerca scientifica, piuttosto una robusta assunzione di responsabilità e forse anche un bagno di umiltà per noi scienziati e la chiamata in causa degli organi decisori nazionali» spiega Luigi Naldini, che nel 2015 è stato l’unico italiano invitato a far parte del gruppo di lavoro internazionale che ha scritto le prime linee guida sull’editing genetico ed è membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita. «L’editing genetico rappresenta indubbiamente una grande promessa della medicina del futuro, l’evoluzione naturale della terapia genica attuale, ma c’è ancora da studiare per affinarlo in termini di sicurezza ed efficacia. Per quanto poi riguarda l’applicazione in ambito terapeutico, se da una parte non ci sono dubbi nello sperimentarne l’impiego in individui affetti da gravi malattie quali quelle genetiche, certi tumori o la stessa Aids, diverso è pensare di applicarlo alle cellule germinali prima della nascita, apportando modifiche trasmissibili anche alle generazioni successive. La riflessione su dove mettere i limiti, su fin dove sia lecito spingersi, è delicata e non può essere appannaggio della sola comunità scientifica, ma della società intera, alla luce di un dibattito aperto e costruttivo».
L’articolo passa in rassegna molte delle questioni ancora aperte; tra le più delicate c’è quella che riguarda l’enhancement, ovvero il potenziamento di una funzione biologica. Se infatti c’è consenso unanime sull’impiego dell’editing genetico per correggere dei difetti genetici associati a specifiche malattie, è molto più controversa la possibilità di aumentare o addirittura di creare ex novo una funzione biologica. «Pensiamo per esempio alla possibilità di aumentare la forza muscolare modificando uno specifico gene» continua Naldini. «Un conto è farlo per curare la distrofia muscolare in un paziente, un altro per migliorare la performance di un aspirante atleta pur consenziente e un altro ancora farlo su un embrione per pianificare la nascita di un “superman”».
L’appello invita gli organi decisori delle nazioni ad associarsi normativamente alla moratoria e ad avviare parallelamente un approfondito processo di valutazione delle implicazioni che l’eventuale apertura di questa strada implica, pur rispettando l’autonomia e le scelte finali che ciascuna nazione effettuerà.
Proprio per favorire il dialogo e soprattutto la costruzione di un consenso generale, i firmatari auspicano la creazione di un osservatorio globale sul tema, che coinvolga i principali stakeholder – scienziati, clinici, bioeticisti, giuristi, associazioni di pazienti. E in accordo con questa linea è anche un’iniziativa italiana lanciata proprio in questi giorni, l’Osservatorio per le terapie avanzate, del cui comitato scientifico fa parte anche lo stesso Naldini insieme ad altri esperti italiani del settore. Il dibattito è più che mai aperto e attuale e non mancheranno certamente repliche alla posizione espressa dagli autori.