Sconfiggere la leucodistrofia metacromatica è una scommessa che i ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano si sono impegnati a vincere. Sono infatti anni che presso il prestigioso istituto di ricerca si studia il modo di intervenire su questa malattia genetica in modo risolutivo.
Il primo successo risale a tre anni fa quando la dimostrazione che la terapia genica funzionava almeno in parte nel modello animale fu pubblicata su Nature Medicine. Oggi si compie un ulteriore passo avanti, e la pubblicazione sulla rivista Journal of Clinical Investigation* dei nuovi risultati è un riconoscimento importante per i ricercatori coinvolti, Luigi Naldini e i suoi collaboratori.
La leucodistrofia metacromatica è una malattia genetica che colpisce il sistema nervoso centrale e periferico ed è causata dalla mancanza di un enzima, l’arilsolfatasi A (ARSA).
La scoperta consiste nella messa a punto di un nuovo metodo per il trasferimento del gene mancante nell’animale malato che sfrutta le cellule staminali del sangue. Tali cellule infatti generano una progenie che funziona da trasportatore del gene ai vari tessuti tra cui anche il cervello ed i nervi. Una volta raggiunti questi tessuti, l’enzima prodotto compensa il difetto e previene lo sviluppo della malattia.
In precedenza si era studiato il modo di iniettare direttamente il gene terapeutico nel cervello, con una serie di complicazioni sperimentali legate alla tecnica che invece il nuovo metodo permette di evitare. Inoltre, la nuova strategia permette di correggere la malattia in tutte le sue sedi, compresi i nervi periferici. E anche se per adesso è il modello animale della malattia a poter usufruire della nuova tecnica, le premesse sono più che incoraggianti.
Ecco il procedimento: si inserisce il gene ARSA nelle cellule staminali del sangue grazie a un vettore lentivirale, cioè un virus reso innocuo e manipolato in maniera da funzionare da perfetto trasportatore di DNA. Le cellule così modificate vengono trapiantate in animali malati nei quali danno origine a una progenie di cellule che circolano nel sangue e si distribuiscono nell’organismo.
Il risultato è che queste cellule corrette sono in grado di raggiungere organi e tessuti dove l’enzima è assente e di diventare una sorgente locale dell’enzima, riequilibrando i processi biologici alterati.
Negli animali trattati all’esordio di malattia non compaiono quindi i sintomi caratteristici quali i difetti di apprendimento e di coordinazione motoria, anomalie di conduzione nervosa e danni dei tessuti, che invece compaiono negli animali non trattati. L’effetto terapeutico di questo trattamento si manifesta sia a livello cerebrale sia a livello dei nervi periferici. “Abbiamo fornito per la prima volta la prova che cellule staminali del sangue dopo correzione genetica possono esercitare un importante effetto terapeutico sia a livello del sistema nervoso centrale che periferico” hanno commentato i ricercatori.
Il lavoro di Luigi Naldini che ha diretto lo studio e Alessandra Biffi, la ricercatrice che ha condotto in prima persona la maggior parte degli esperimenti, ha confermato un fenomeno che si sospettava da tempo: le cellule staminali del sangue possono essere utilizzate per correggere difetti anche a livello del tessuto nervoso.
Dati alla mano, si punta alla sperimentazione clinica. Con i risultati ottenuti è infatti naturale sperare che il trapianto di cellule staminali del paziente geneticamente corrette possa essere testato in pazienti affetti da leucodistrofia metacromatica nel medio termine. “Si tratta di un risultato importante, ma occorre precisare con grande chiarezza - continuano i ricercatori- che per le prime sperimentazioni cliniche ci vorranno almeno due anni”.
*Biffi A et al, “Correction of metachromatic leukodystrophy in the mouse model by transplanation of genetically modified hematopoietic stem cells”. The Journal of Clinical Investigation, 2004.