Per questa malattia genetica, di cui soffre anche il campione di ciclismo Contador, una diagnosi precoce può rappresentare un vero e proprio salvavita.
Fare rete contro le emorragie cerebrali: è on line da oggi CCM Italia, il primo sito web italiano dedicato alle malformazioni cavernose cerebrali (CCM), anomalie ereditarie dei capillari sanguigni del cervello che mettono chi ne soffre a rischio di mal di testa ricorrenti, attacchi epilettici, deficit neurologici e, nei casi più gravi, emorragie intracerebrali.
Coordinatore del progetto Francesco Retta del dipartimento di Scienze cliniche e biologiche all’Università di Torino, che grazie a fondi Telethon sta studiando i meccanismi molecolari alla base della patologia, ancora poco noti.
«Questa malattia genetica è molto meno rara di quanto si pensi, ma purtroppo è poco conosciuta» spiega il ricercatore. «Può succedere quindi che i medici curino i sintomi clinici, ad esempio con farmaci antiepilettici, ignorandone però la causa primaria e il rischio potenziale di andare incontro a episodi ben più gravi come le emorragie cerebrali, che possono addirittura risultare fatali».
Al momento non c’è una cura specifica, a parte la rimozione per via chirurgica delle malformazioni accessibili nei pazienti a rischio di emorragia cerebrale o con epilessia resistente alle comuni terapie mediche.
La diagnosi di CCM viene effettuata mediante risonanza magnetica, per quanto siano già disponibili test genetici che consentono di sapere preventivamente chi è portatore del difetto genetico in questione, che secondo le stime attuali riguarda lo 0,1-0,5% della popolazione e si traduce nei sintomi nel 20-30% dei casi. Tra i casi celebri di questa malattia il campione di ciclismo Alberto Contador, vittima nel 2004 di un attacco epilettico durante una gara ciclistica e operato per l’asportazione di un angioma cavernoso cerebrale, e la campionessa olimpica di atletica Florence Griffith, morta a soli 39 anni proprio a causa di un’emorragia cerebrale.
«Se non si sa di avere una certa malattia non si può curarla, né prevenirne gli effetti più dannosi» continua Retta. «Ecco perché, oltre a studiarne i meccanismi biologici, ci siamo chiesti come promuoverne la conoscenza fra il pubblico e favorire così la diagnosi precoce: in questo senso internet ci è sembrato l’alleato ideale».
Grazie al fondamentale contributo del Centro interstrutture di servizi informatici e telematici per le facoltà Umanistiche dell’Università di Torino, è nato così CCM Italia che, come spiega il webmaster Alberto Covacci, «cercherà di promuovere la conoscenza di questa malattia nel nostro Paese innanzitutto fra i pazienti, ma anche in ambito scientifico: grazie a forum di discussione e una banca dati unificata contiamo di facilitare l’interazione e lo scambio di informazioni fra clinici e ricercatori di base e di creare così un vero e proprio network di ricerca multidisciplinare, aperto a tutti i centri clinici e di ricerca italiani interessati a questa problematica». L’elenco completo dei centri partecipanti, in costante aggiornamento, è disponibile nella sezione “chi siamo” del neonato sito web.
In laboratorio, intanto, Retta e il suo team continueranno con gli studi di ricerca di base: lo scorso anno, proprio nell’ambito del progetto Telethon, i ricercatori dell’Università di Torino hanno scoperto che un particolare gene associato alla malattia, chiamato KRIT1, gioca un ruolo importante nel proteggere le cellule dai danni ossidativi, suggerendo un potenziale meccanismo patogenetico e aprendo nuove prospettive terapeutiche. Lo studio* è stato anche premiato dall’associazione di pazienti americana Angioma Alliance, attualmente la più attiva e importante a livello mondiale.
In Italia non esiste ancora alcuna organizzazione di riferimento per chi è affetto da CCM: l’invito, naturalmente, è aperto.
* Goitre L et al, “KRIT1 Regulates the Homeostasis of Intracellular Reactive Oxygen Species”. PLoS ONE, 2010; 5(7): e11786.