La tecnologia utilizzata, che permette di superare uno dei limiti tecnici della terapia genica, è stata messa a punto al Tigem nel laboratorio di Alberto Auricchio.
Il Children’s Hospital of Philadelphia ha annunciato il trattamento con una terapia genica sperimentale per una forma ereditaria di sordità in un bambino di 11 anni: è la prima volta in assoluto che questo accade negli Stati Uniti, tanto che la notizia ha guadagnato anche le pagine del New York Times. La forma in questione è quella dovuta a difetti nel gene che codifica per l’otoferlina, uno degli oltre 150 noti ad oggi per essere causa di sordità nell’uomo.
Secondo il comunicato ufficiale dell’ospedale, “a quasi quattro mesi dalla somministrazione in un orecchio, l’udito del paziente, affetto da sordità profonda a livello di entrambe le orecchie, è migliorato in modo significativo: attualmente a livello dell’orecchio trattato mostra soltanto una perdita uditiva lieve o moderata, ma soprattutto sente letteralmente per la prima volta nella sua vita dei suoni. Riesce a sentire la voce del padre, il rumore di un'auto che passa e persino le forbici che gli tagliano i capelli”.
Il contributo della ricerca Telethon
Una notizia importante per le nuove prospettive che offre e che è frutto anche della ricerca Telethon: la tecnologia utilizzata, infatti, ha beneficiato anche del lavoro del gruppo di Alberto Auricchio, responsabile del programma di Terapie molecolari dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) e professore ordinario di Genetica Medica all’Università “Federico II” di Napoli, che da molti anni è al lavoro per cercare di superare uno dei limiti “pratici” della terapia genica, quello della capienza dei vettori virali. Questo ostacolo impedisce infatti di applicare questa strategia a quelle malattie dovute a difetti in geni di grandi dimensioni: se da una parte gli scienziati hanno imparato a trasformare alcuni virus in vettori per il trasferimento di geni terapeutici, molto spesso si sono però scontrati con un limite di ingombro. Non fanno eccezione i vettori adeno-associati (AAV), tra i più utilizzati oggi in ambito clinico, su cui è da sempre focalizzata anche la ricerca di Auricchio: si basa proprio su questi vettori, per esempio, il primo farmaco di terapia genica approvato al mondo per una forma ereditaria di cecità o la terapia genica sperimentale per la mucopolisaccaridosi di tipo 6 messa a punto proprio nei laboratori del Tigem.
Come superare il limite di capienza dei vettori virali
Per provare a superare il problema, a partire dal 2012, grazie al supporto di Telethon e di fondi competitivi come quelli messi a disposizione dallo European Research Council (ERC), Auricchio e il suo team hanno sviluppato due piattaforme (il sistema “Dual Hybrid” e quello basato sulle inteine, descritti nella figura sopra) che consentono di suddividere il carico di materiale genetico in più veicoli virali, facendo comunque in modo che alla fine la cellula produca la proteina terapeutica completa.
Proprio il sistema dual hybrid è stato dato in licenza all’azienda farmaceutica Akouos, Inc., azienda affiliata interamente controllata da Eli Lilly and Company, focalizzata nella messa a punto di terapie avanzate per ripristinare, migliorare e preservare la capacità uditiva nell'ambito di varie patologie dell’orecchio. Grazie a questo sistema, la cellula da correggere viene infettata con due vettori che trasportano due diverse porzioni del gene terapeutico, insieme a sequenze che, una volta che i vettori si trovano nel suo nucleo, permettono alle due porzioni di ricombinarsi, riformando il gene nella sua interezza.
Investimenti e prospettive future
A conferma del valore della piattaforma tecnologica messa a punto al Tigem ci sono i numerosi investimenti europei, in particolare quelli dello European Research Council (ERC), e successivamente i consistenti capitali industriali da parte del fondo Sofinnova-Telethon, che nel 2021 ha dato vista alla start-up AAVAntgarde Bio, e di tre importanti società di investimento internazionali (Atlas Venture, Forbion e Longwood) nel 2023.
Sono almeno un migliaio i geni-malattia di grosse dimensioni che al momento non sono “impacchettabili” nei vettori attuali e diverse centinaia le malattie genetiche che potrebbero potenzialmente beneficiarne: l’auspicio è dunque che questa tecnologia apra le porte della terapia genica a un numero sempre più ampio di malattie e la notizia appena arrivata da Philadelphia fa ben sperare.