Terapie geniche e cellulari, editing genetico: farmaci ad alto grado di innovatività che per alcune malattie genetiche sono già disponibili e per le quali la ricerca Telethon ha dato un contributo importante.
Se pensiamo a un farmaco, automaticamente ci vengono in mente una pillola o eventualmente un liquido da iniettare, che a seconda del caso ci aiuteranno a ridurre il dolore, a controllare la pressione o a contrastare un’infezione. Negli ultimi anni, però, si sono affacciati sulla ribalta globale dei farmaci assolutamente nuovi, che stanno imponendo un vero e proprio cambiamento di paradigma: non più qualcosa che si assume ripetutamente, magari per tutta la vita, per tenere sotto controllo un certo sintomo, ma una terapia in grado di correggere alla radice la causa di una patologia e curarla grazie a un’unica somministrazione. È questa la promessa delle cosiddette terapie avanzate, basate su materiale genetico, cellule staminali o tessuti: un settore emergente che sta offrendo nuove opportunità per la cura di gravi patologie per le quali non esistevano trattamenti, oppure quelli convenzionali si sono dimostrati inefficaci.
In questo senso le malattie genetiche rare hanno fatto da apripista: essendo causate da difetti in specifici geni sono potenzialmente più facili da “aggredire” rispetto a malattie multifattoriali. È proprio sulle malattie genetiche rare quindi che gli scienziati hanno provato per la prima volta a mettere a punto terapie innovative e mirate quali per esempio la terapia genica e cellulare, l’ingegneria tissutale o l’editing genetico, che nel tempo si sono rivelate promettenti anche per malattie croniche e tumori, così come per il trattamento di ustioni e lesioni gravi.
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Secondo l’ultimo rapporto dell’Alliance for Regenerative Medicine (ARM), la principale organizzazione di advocacy a livello internazionale dedicata alla medicina rigenerativa e alle terapie avanzate, alla fine del 2020 erano oltre 1200 gli studi clinici su terapie geniche cellulari o tissutali in corso nel mondo, per un totale di oltre 90mila pazienti e più di 1000 aziende focalizzate sullo sviluppo di questo tipo di farmaci. Numeri in assoluta crescita rispetto agli anni precedenti, che non hanno risentito neanche della pandemia e che confermano quanto il settore sia in forte espansione e tale da attirare importanti investimenti. L’oncologia è senza dubbio l’ambito in cui si sta investendo maggiormente, in particolare nello sviluppo di terapie geniche in grado di rendere le cellule del sistema immunitario dei killer molto precisi contro specifiche cellule tumorali.
Il 2020 è stato anche l’anno che ha visto arrivare finalmente sul mercato la terapia genica per una grave malattia genetica del sistema nervoso, la leucodistrofia metacromatica: approvata in Europa con il nome commerciale di Libmeldy, è stata sviluppata a partire da oltre 20 anni di studi condotti all’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano. Grazie a un’unica somministrazione, permette di correggere il difetto genetico responsabile e di cambiare il destino dei bambini affetti da questa gravissima malattia neurodegenerativa prima incurabile.
Libmeldy è la seconda terapia genica nata grazie alla ricerca Telethon a essere diventata un farmaco a tutti gli effetti: la prima, nel 2016, è stata Strimvelis per la cura di una grave immunodeficienza ereditaria, l’ADA-SCID, come alternativa al trapianto di midollo. In entrambi i casi si tratta di terapie “ex-vivo”, in cui cioè la correzione genica avviene al di fuori dell’organismo, in particolare nelle cellule staminali ematopoietiche prelevate dal paziente: una volta corrette con un vettore di origine virale contenente una o più copie del gene sano, queste cellule possono essere reinfuse nel sangue ed espletare così la propria funzione terapeutica.
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È importante considerare quanto la ricerca italiana abbia contribuito a questo settore così innovativo della medicina: basti pensare che delle dodici terapie avanzate attualmente disponibili in Europa ben tre sono nate in Italia: a Libmeldy e Strimvelis va aggiunta infatti anche Holoclar, terapia tissutale nata all’Università di Modena e Reggio Emilia e approvata nel 2015 per riparare la cornea nel caso di ustioni termiche o chimiche a carico del limbus, una piccola area contenente le cellule staminali deputate alla rigenerazione della cornea. In questo caso non viene effettuata alcuna modifica genetica, ma viene ricostruito in laboratorio l’epitelio che ricopre la superficie corneale a partire da un residuo anche piccolissimo di limbus non ancora danneggiato. Si ottiene così un lembo di tessuto corneale simile a una sorta di lente contatto che, una volta trapiantato nel paziente, dà origine a una nuova cornea e consente un pieno recupero della capacità visiva.
Tra le terapie avanzate attualmente disponibili in Europa, altre tre sono indicate per altrettante malattie genetiche rare.
- Una è Luxturna, terapia genica per la cura di una particolare forma di cecità ereditaria chiamata amaurosi congenita di Leber (quella dovuta a difetti nel gene RPE65) approvata nel 2018, che ha visto anche un importante contributo dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) e dell’Università Vanvitelli di Napoli alle prime fasi della sperimentazione clinica.
- Un’altra è Zolgensma, terapia genica approvata nel 2020 per le forme più gravi di atrofia muscolare spinale (Sma) e che ha ulteriormente allargato le opportunità terapeutiche per quella che è la più comune causa genetica di morte infantile. Entrambe sono terapie “in-vivo”, che a differenza di quelle “ex-vivo” vengono somministrate direttamente nell’organismo: attraverso un’iniezione nello spazio sottoretinico dell’occhio nel primo caso, mentre nel secondo con una infusione tramite flebo in vena. Per facilitare la correzione di uno specifico tessuto, il vettore virale viene scelto in base al suo naturale tropismo, ovvero alle “preferenze di localizzazione” del virus di partenza.
- Infine Zynteglo, approvata nel 2019, è una terapia genica ex vivo per le forme di gravità intermedia di beta talassemia, ovvero per pazienti al di sopra dei 12 anni che siano comunque in grado di produrre in parte la proteina carente (la catena beta dell’emoglobina) e che non abbiano un donatore di midollo compatibile.
Nel corso del prossimo anno sono almeno otto le terapie avanzate che potrebbero arrivare alla registrazione in Europa, tre delle quali per altrettante malattie genetiche rare: l’adrenoleucodistrofia cerebrale, la neuropatia ottica ereditaria di Leber e il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici, una grave malattia neurologica che compromette fortemente lo sviluppo psicomotorio. Un trend in continua crescita: secondo il rapporto ARM, infatti, gli enti regolatori americani ed europei contano di approvare dalle 10 alle 20 terapie geniche o cellulari ogni anno entro il 2025.
Infine, un approccio più “giovane” dal punto di vista applicativo ma dalle grandi potenzialità è senza dubbio quello dell’editing genetico, ovvero quell’insieme di tecnologie che consentono di apportare modifiche puntuali direttamente sul Dna del paziente e che nel 2020 ha acquistato molta popolarità grazie all’assegnazione del Nobel per la chimica alle scopritrici della tecnica CRISPR/Cas9.
Rispetto alla terapia genica “tradizionale”, in cui il gene terapeutico viene fornito dall’esterno, l’editing genetico offre il vantaggio di correggere il gene difettoso nella sua sede e di mantenerne così la regolazione fisiologica. Tra le malattie genetiche, l’anemia falciforme e la beta talassemia sono le prime su cui sia stata avviata una sperimentazione clinica, tuttora in corso: ad oggi sono complessivamente 19 i pazienti trattati ex vivo e in entrambi i casi i dati preliminari sono positivi. Inoltre, nel 2020 sono partiti i primi studi in vivo con la tecnica CRISPR/Cas9 in pazienti affetti dall’amaurosi congenita di Leber di tipo 10 e da amiloidosi da transtiretina. Sul fronte della ricerca Telethon, all’inizio del 2021 i ricercatori dell’SR-Tiget di Milano hanno presentato dati promettenti per l’applicazione clinica dell’editing genetico in una rara immunodeficienza, la sindrome da iper IgM.