Si chiama sindrome del QT corto di tipo 3 (SQT3) ed è una nuova malattia genetica a carico del cuore e responsabile di aritmie spesso fatali: fa parte di una famiglia di malattie, chiamate appunto sindrome del QT corto, e la numero 3 della serie è dovuta a un difetto genetico in un canale per il potassio, prodotto dal gene KCNJ2.
Il risultato nasce da una collaborazione tra il Dipartimento di Cardiologia Molecolare dell’ IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, diretto da Silvia Priori, la Suny University di Syracuse, NY (USA), l’Università di Ferrara e l’Istituto Auxologico Italiano IRCCS di Milano, e sarà pubblicato sulla prestigiosa rivista dell'American Heart Association, Circulation Research*.
Telethon finanzia la ricerca sulle aritmie cardiache di origine genetica dal 1993 e questo risultato sfrutta due finanziamenti, uno a Silvia Priori e uno a Pompeo Volpe: insieme, i due ricercatori si ripropongono di studiare le alterazioni genetiche che nelle cellule del cuore causano gravi disturbi del battito cardiaco.
Aritmie inspiegabili e ripetuti svenimenti: questi gli unici elementi che accomunano alcune famiglie italiane che si sono rivolte alla Fondazione Maugeri alla ricerca di una spiegazione e se possibile di una cura. Un elettrocardiogramma e la successiva analisi del DNA hanno fatto scoprire in un paziente una nuova malattia genetica, una forma di sindrome del QT corto a oggi sconosciuta. SQT3 deve il suo nome al cosiddetto “intervallo QT”, il periodo di tempo necessario alla ripolarizzazione, cioè alla “ricarica” delle cellule cardiache dopo ogni battito.
L’intervallo QT si misura con l’elettrocardiogramma e nei soggetti affetti ha una durata inferiore alla norma, a causa di un guasto nel circuito elettrico del cuore. E il difetto, come ha confermato l’analisi genetica del paziente, risiede nel gene che produce un canale attraverso il quale il potassio entra all'interno della cellula cardiaca. Il potassio garantisce la normale attività elettrica del cuore e la sua fuoriuscita troppo rapida e in quantità elevata dalle cellule cardiache ne altera il funzionamento, determinando un forte rischio di aritmie, spesso fatali.
Il gruppo di Silvia Priori sta assumendo un ruolo cruciale nella comprensione della morte improvvisa giovanile e KCNJ2 è il terzo gene identificato che, se difettoso, causa la malattia; nel 2001, grazie a un finanziamento Telethon, l’équipe aveva caratterizzato la tachicardia catecolaminergica bidirezionale, poi è stato il turno della sindrome del QT lungo, della sindrome di Brugada e l’anno scorso di una nuova malattia genetica simile alla sindrome del QT lungo, la sindrome di Timothy.
L'Unità Operativa di Cardiologia Molecolare di cui la Priori è il primario è molto attiva nella ricerca scientifica, in particolare nello studio delle origini genetiche delle aritmie cardiache, e si occupa anche di diagnostica molecolare con significative ricadute in ambito preventivo.
“Lo studio rappresenta un altro passo avanti per sconfiggere la morte improvvisa giovanile e questa scoperta è importante per tutte le famiglie in cui vi sia una storia di arresto cardiaco in un giovane o una morte improvvisa inspiegabile. È infatti possibile per i pazienti o per i loro famigliari sottoporsi a una valutazione clinica e quindi a un’analisi genetica mirata gratuita che può portare alla diagnosi precisa e suggerire come prevenire altre aritmie, attraverso una terapia farmacologica specifica o l’impianto sottocutaneo di un defibrillatore” commenta Silvia Priori.
A questo punto diventa importante cercare di identificare il maggior numero di pazienti con sindrome del QT corto in Italia. A questo scopo, in modo analogo a quanto fatto con le altre malattie cardiache identificate, i ricercatori del Maugeri si propongono di collaborare con cardiologi
medici dello sport e medici del lavoro. Per individuare SQT3 basta infatti un semplice elettrocardiogramma come quello effettuato durante una visita ambulatoriale di controllo o durante le visite per l’idoneità all’attività sportiva, e la conferma con l’analisi genetica.
*Priori SG et al., Circ Res 2005.