Tanto entusiasmo, ma anche dubbi e preoccupazioni e una scarsa conoscenza di temi di base: i principali risultati della consultazione pubblica svolta nell’ambito del progetto Rings.
Una grande positività e una grande fiducia nei confronti della genetica e dell’ipotesi di avviare un programma di analisi a tappeto del DNA di tutti i neonati della Regione per individuare eventuali malattie genetiche rare, comprese quelle per le quali non sono attualmente disponibili trattamenti.
Allo stesso tempo, però una scarsa conoscenza del tema e degli strumenti di screening neonatale già a disposizione. Sono questi, in sintesi, i risultati principali dell’attività di ascolto dei cittadini lombardi effettuata nell’ambito del progetto Rings, promosso da Regione Lombardia per raccogliere indicazioni rispetto alla possibilità di introdurre nel sistema sanitario regionale il sequenziamento del genoma come strumento di screening neonatale.
Cos'è il progetto Rings?
Il progetto, coordinato da Fondazione Telethon e realizzato in partnership con Uniamo, Federazione Italiana Malattie Rare e con l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è stato sviluppato secondo l’approccio di Ricerca e Innovazione Responsabili (RRI) che, tra le altre cose, prevede un dialogo aperto tra i vari attori coinvolti: ricercatori, politici, organizzazioni del terzo settore, ma anche cittadini.
Da qui l’attività di analisi della percezione dei cittadini lombardi, svolta dalla società di ricerche Sinodé e che ha previsto sia la realizzazione di focus group con cittadini “comuni” (non esperti del tema), operatori sanitari e neogenitori o genitori in attesa, sia l’esecuzione di una consultazione pubblica on line. Al sondaggio, diffuso attraverso siti e canali social dei partner di progetto, hanno partecipato poco meno di 1300 cittadini (non rappresentativi dell’intera popolazione perché a rispondere sono state persone già tendenzialmente interessate al tema).
In prima battuta, le attività di ascolto hanno permesso di valutare le conoscenze di base sui cittadini a proposito dello screening neonatale esteso: un test obbligatorio e gratuito in tutti i punti nascita del Paese che dal 2016 permette di ricercare in una goccia di sangue del neonato l’eventuale presenza di sostanze che potrebbero essere associate a una cinquantina di malattie genetiche rare.
È emerso che la conoscenza su questo argomento è ancora scarsa e superficiale, con l’eccezione dei genitori di bambini nati dopo il 2016. Per esempio: circa un quarto delle persone che hanno risposto al sondaggio non conosce del tutto lo screening neonatale esteso. In più, il 10% circa di coloro che hanno dichiarato di conoscerlo in realtà ha risposto in modo sbagliato a tutte le domande sul tema. Viceversa, solo l’1,3% dei partecipanti ha risposto in modo corretto a tutte le domande.
È andata leggermente meglio per la parte di indagine relativa alla conoscenza del tema della genetica in generale e del sequenziamento del genoma: due aspetti analizzati per comprendere su quali basi di conoscenza e di percezione si potrebbero poggiare le scelte regionali relative all’introduzione dello screening genetico neonatale. Il 22,8% dei partecipanti al sondaggio ha risposto in modo corretto a tutte le domande del test; tuttavia, solo poco più della metà è informato del fatto che le scoperte scientifiche hanno permesso di sequenziare l’intero genoma umano.
Un livello medio-basso di conoscenza, dunque, che si inserisce però in un clima di grande fiducia nella possibilità di conoscere le caratteristiche genetiche delle persone attraverso l’analisi del DNA. Tra le parole più utilizzate dai partecipanti per descrivere le proprie sensazioni in merito compaiono infatti: speranza, fiducia, cura, prevenzione, futuro, conoscenza. Buona anche la fiducia nel sistema sanitario regionale lombardo, anche se con un forte scetticismo rispetto alla capacità organizzativa ed economica della Regione di riuscire a gestire un programma di screening genetico neonatale.
Un mix di emozioni
Quanto alla percezione rispetto alla possibilità di avviare in Lombardia uno screening genetico per tutti i neonati, la prima reazione dei cittadini è stata tendenzialmente molto positiva. L’89,4% dei partecipanti al sondaggio on line, per esempio, si è dichiarato d’accordo nell’avvio di un programma di questo tipo che comprenda l’analisi di tutte le patologie conosciute, anche quelle per le quali non sono attualmente disponibili trattamenti. Un entusiasmo condiviso in prima battuta anche dai partecipanti ai focus group che tuttavia, con il progredire della discussione, cominciavano a manifestare anche dei dubbi.
In particolare, a creare dibattiti sono stati aspetti legati alla tempistica di insorgenza dei sintomi della malattia e alla curabilità o migliorabilità della stessa. Solo una minoranza degli intervenuti ha affermato, a discussione conclusa, che preferirebbe essere messa a conoscenza di ogni possibile patologia del figlio anche nel caso in cui questa insorga tipicamente in età adulta o non sia attualmente curabile.
La maggioranza degli intervenuti ha invece concluso che sarebbe più opportuna un’analisi limitata a geni coinvolti nell’insorgenza di malattie genetiche trattabili e che insorgono nei primi anni di vita. Questo per l’inutilità di conoscere in anticipo la presenza di malattie, magari a prognosi infausta, che non possono essere trattate.
Il "diritto di sapere"
Possedere questa conoscenza, infatti, potrebbe generare ansia nei genitori, modificare la loro relazione con i figli o creare una situazione di difficile gestione anche dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria che sarebbe quella del “paziente in attesa”.
Molto discusso nei focus group è stato anche il tema del “diritto di sapere”: alcuni partecipanti si sono chiesti quali siano i confini del diritto dei genitori di conoscere se e quali patologie potrà manifestare in figlio in età adulta e dove cominci invece il diritto del neonato. Il diritto del genitore di sapere è più forte del diritto del bambino di non sapere?
Infine, tra i temi affrontati nei focus group ci sono stati anche il trattamento e la gestione dei campioni e dei dati genetici. La sensazione generale rispetto alle figure preposte a gestire e conservare campioni e dati è in generale di fiducia, ma sono emerse alcune preoccupazioni sulla possibilità che i dati genetici possano essere trafugati oppure venduti per fini differenti da quelli per i quali sono stati raccolti.
Tanto entusiasmo, quindi, ma anche dubbi e preoccupazioni e tutto sommato una scarsa conoscenza degli aspetti di base dell’argomento indagato: tutti elementi sui quali la società tutta è chiamata a confrontarsi per arrivare davvero pronta alle nuove opportunità offerte dagli avanzamenti della tecnologia.