Screening neonatale, test del DNA fetale, amniocentesi… Per futuri e neogenitori può essere difficile orientarsi nel panorama dei test che possono essere effettuati durante la gravidanza o dopo la nascita per valutare la salute del proprio bambino. Rispondiamo insieme ad alcuni dubbi più frequenti sullo screening neonatale.
Mi hanno detto che mio figlio deve fare lo screening neonatale. Non sono sufficienti test DNA fetale o l’amniocentesi in gravidanza?
Quindi quando si esegue lo screening neonatale?
Sempre! È un test biochimico, gratuito e fondamentale per tutti i neonati, perché permette di identificare precocemente una serie di malattie genetiche di tipo metabolico per le quali è disponibile una terapia: essere tempestivi può fare molta differenza per la salute del bambino, e talvolta addirittura per la sua sopravvivenza. Il test è obbligatorio e viene eseguito presso tutti i centri nascita del territorio italiano, senza necessità di richiedere il consenso informato ai genitori, tranne se la Regione dove il bambino è nato ha inserito nel test ulteriori nuove patologie che non fanno ancora parte del pannello delle 40 previste dalla Legge 167 del 2016.
Come si esegue lo screening neonatale?
Si parte da un semplice prelievo di sangue dal tallone di ogni neonato che viene eseguito tra la 48° e la 72° ora di vita direttamente nell’ospedale di nascita. Dopo averlo fatto assorbire su uno speciale cartoncino, il campione viene inviato per l’analisi biochimica al Centro di screening neonatale di riferimento, insieme a tutte le informazioni identificative del neonato. Il test non è invasivo e non comporta alcun rischio per il bambino.
Per quali malattie è disponibile lo screening?
Dal 2016, grazie alla Legge 167, lo screening neonatale è stato esteso a più di 40 malattie genetiche sull’intero territorio nazionale (SNE). Si tratta di malattie metaboliche congenite, ovvero causate dall’assenza o dalla carenza di uno degli enzimi deputati alla produzione di energia nell’organismo.
Negli ultimi anni, grazie alla ricerca, abbiamo terapie in grado di cambiare la vita dei bambini con altre malattie genetiche come la Sma, la sindrome adrenogenitale, la MPS 1, la malattia di Fabry, la malattia di Gaucher, la malattia di Pompe, immunodeficienze congenite come l’Ada-Scid e PNP Scid.
Esistono invece test genetici da effettuare già in gravidanza?
Negli ultimi anni è diventato sempre più diffuso il test del DNA fetale contenuto nel sangue materno (test NIPT: Non Invasive Prenatal Test). Si tratta di un prelievo di sangue materno seguìto dall’analisi del materiale genetico fetale che, già dalle prime settimane di gravidanza, viene rilasciato appunto nel circolo sanguigno della mamma. Permette di stimare il rischio di alcune anomalie cromosomiche a partire già dalle dieci settimane di gravidanza. Il rischio delle principali anomalie cromosomiche può essere stimato anche con il cosiddetto bi-test, che si esegue intorno alle 12 settimane e prevede la combinazioni di informazioni tratte sia dall’ecografia fetale sia dall’analisi di alcuni marcatori biochimici presenti nel sangue materno.
Attenzione: questi test sono appunto di screening e non diagnostici, per cui in caso di risultato positivo (cioè se segnalano un rischio elevato di anomalia) sono sempre necessari ulteriori approfondimenti. In questo casi, il passo successivo è in genere l'analisi diretta del materiale genetico di origine fetale raccolto tramite indagini invasive come amniocentesi o villocentesi.