Studiare le malattie genetiche rare può avere un impatto anche in ambiti apparentemente molto distanti come COVID19, l’infezione che sta letteralmente paralizzando il mondo intero.
Un esempio concreto di questo è Silvia Priori, professore ordinario di Cardiologia all’Università di Pavia e direttore dell'Unità Operativa Cardiologia molecolare dell'IRCCS Maugeri Pavia, che da sempre studia le aritmie ereditarie anche grazie al supporto della Fondazione Telethon. Proprio in occasione dell’ultimo bando di ricerca ha vinto un finanziamento per studiare nuovi possibili farmaci per la sindrome del QT lungo, una malattia genetica caratterizzata da un elevato rischio di irregolarità del battito del cuore, che può degenerare anche in sincope e arresto cardiaco.
«La caratteristica principale, che dà anche il nome alla sindrome, è un prolungamento di un parametro specifico dell’elettrocardiogramma, l’intervallo QT – spiega Silvia Priori. Questo è l’effetto di mutazioni in geni che codificano per particolari proteine responsabili del flusso di cariche elettriche nelle cellule cardiache, in particolare i canali del potassio. Ebbene, quello che si è riscontrato in queste settimane di emergenza sanitaria dovuta al nuovo coronavirus è che alcuni dei farmaci impiegati nei pazienti con sintomatologia più grave, come gli antivirali ma soprattutto l’idrossiclorochina, possono in certi casi legarsi a questi canali del potassio e provocare un allungamento dell’intervallo QT analogo a quello che si osserva nei pazienti con il difetto genetico. La terapia farmacologica può quindi avere come grave effetto collaterale quello di provocare un arresto cardiaco: se in ospedale possiamo monitorare costantemente il profilo elettrocardiografico del paziente, questo è evidentemente impossibile per quei pazienti con sintomi meno gravi che si curano a casa, magari prendendo questi stessi farmaci. Abbiamo quindi messo la nostra esperienza pluridecennale maturata nel campo delle aritmie ereditarie al servizio dei clinici impegnati nell’emergenza, per capire come evitare questi gravi effetti collaterali».
Insieme all’Ospedale Humanitas di Milano, in particolare il gruppo del professor Gianluigi Condorelli, Silvia Priori e il suo team hanno dato vita al progetto Cardio-Covid ECG, in cui studieranno il fenomeno dell’allungamento dell’intervallo QT nei pazienti ricoverati: «cercheremo di capire, per esempio, se i pazienti che vanno incontro a questi problemi abbiano delle particolari varianti genetiche dei canali del potassio, che pur non essendo patologiche in condizioni normali possono diventarlo nel caso dell’assunzione di questi farmaci – continua Priori. Inoltre, cercheremo di capire se il fenomeno è dosaggio-dipendente, in modo da fornire ai nostri colleghi clinici un razionale più sicuro per questo tipo di terapie, soprattutto nel caso vengano assunte a casa. Infine, grazie al fatto che conosciamo molto bene la struttura molecolare di questi canali, avendola studiata per tanti anni nei pazienti con aritmie ereditarie, possiamo immaginare di modificare la struttura chimica dell’idrossiclorochina per renderla meno in grado di legarsi a questi canali del potassio e ridurre così il rischio di provocare aritmie». Peraltro lo studio della struttura di una di queste proteine, HERG, è proprio oggetto del progetto Telethon di Silvia Priori, che si svolgerà in collaborazione con Carlo Camilloni dell’Università di Milano con l’obiettivo di individuare nuovi farmaci mirati per le forme più gravi della sindrome del QT lungo per le quali oggi non ci sono terapie veramente efficaci, come per esempio la sindrome di Timothy.
«Spero quindi che le persone continuino a sostenere Telethon, che da sempre finanzia ricerca scientifica di grande qualità, mettendo noi ricercatori nelle condizioni di lavorare al meglio. In questo momento così difficile, in cui buona parte dell’attività scientifica è rallentata se non del tutto ferma, la Fondazione ha infatti assicurato a chi come me ha un progetto in corso non solo di poterne posticipare la scadenza, ma anche un salario ponte aggiuntivo per i ricercatori impegnati in quella specifica attività. Un’iniziativa che non solo viene incontro a noi scienziati, ma che dimostra grande serietà verso tutti i donatori che in questi anni hanno sostenuto la ricerca».