Intervista ad Anna Kajaste-Rudnitski dell’Istituto Telethon di Milano, autrice di uno studio che getta nuova luce su questa rara sindrome utile anche per studiare l’interazione tra sistema immunitario e virus, Sars-CoV-2 compreso.
Quando incontriamo un virus, c’è una prima linea di difesa che “sente” un potenziale pericolo e si attiva immediatamente per distruggerlo: è la cosiddetta immunità innata, una risposta non specifica ma molto rapida, che consente di stimolare in un secondo momento killer più specifici come anticorpi e linfociti. In questi due anni di pandemia da Covid-19 è stata molto studiata dai ricercatori di tutto il mondo per capire come si comporta di fronte al nuovo coronavirus e se si possa in qualche modo sfruttare in chiave terapeutica.
All’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, Anna Kajaste-Rudnitski studia da molti anni i meccanismi di base dell’immunità innata. In particolare, si occupa di una rara sindrome, quella di Aicardi-Goutières, in cui a causa di un difetto genetico questa risposta è sempre accesa, anche in assenza di infezioni. Questo si traduce in uno stato infiammatorio cronico che danneggia soprattutto il cervello: come e perché questo avvenga, però, è ancora in gran parte un mistero. «Con il supporto di Fondazione Telethon, il mio gruppo di ricerca sta cercando di chiarire i meccanismi con cui si attiva questa risposta immunitaria “non richiesta”» spiega la ricercatrice (leggi i dettagli del progetto).
L’importanza di un buon modello sperimentale
«Abbiamo innanzitutto costruito un modello affidabile della malattia – racconta Kajaste-Rudnitski -. Oggi è possibile riprogrammare cellule già specializzate e facili da prelevare come quelle della pelle o del sangue e indurle poi a differenziarsi in cellule di altra natura, comprese quelle del sistema nervoso. Partendo da cellule di donatori sani abbiamo modificato due dei nove geni che sappiamo essere responsabili della sindrome, TREX1 e RNASEH2, grazie alla tecnica di editing genetico CRISPR/Cas-9: abbiamo così ottenuto cellule nervose nelle quali studiare i meccanismi alla base della malattia. La bontà del nostro modello è stata confermata dal confronto con cellule di pazienti con sindrome di Aicardi-Goutières, ottenute grazie alla preziosa collaborazione dell’associazione IAGSA. Studiando le nostre cellule modello, abbiamo visto che i difetti in questi due geni sembrano dare un segnale di pericolo “mal interpretato”: la presenza di danni al Dna che la cellula cerca di riparare innescando una risposta che stimola il sistema immunitario a intervenire. Si instaura così un circolo vizioso: una risposta infiammatoria non solo inutile, visto che non è presente alcuna infezione, ma anche dannosa per il sistema nervoso, in quanto non viene mai del tutto spenta. La sindrome infatti è caratterizzata da grave ritardo psicomotorio, epilessia e da uno stato infiammatorio cronico, che causa febbri ricorrenti e lesioni cutanee su tutto il corpo».
Dal meccanismo a una possibile strategia di cura
Questo nuovo tassello alla conoscenza sulla sindrome di Aicardi-Goutières è stato pubblicato su un’importante rivista scientifica internazionale, The Journal of Experimental Medicine, e suggerisce una possibile strategia terapeutica. Come spiega ancora Anna Kajaste-Rudnitski, «il danno al Dna innesca una serie di reazioni a catena che possiamo provare a inibire farmacologicamente, prevenendo così il danno alle cellule del sistema nervoso, in particolare ai neuroni. Se questo meccanismo si confermerà un denominatore comune a tutte le forme della sindrome, indipendentemente dal gene di partenza difettoso, potremmo testarlo come bersaglio per una terapia farmacologica. Ci tengo però a precisare che siamo ancora ben lontani da una cura, ma soltanto una conoscenza fine dei meccanismi può guidarci a individuarla in futuro».
Ricadute importanti in altri settori della ricerca
Studiare la sindrome di Aicardi-Goutières ha anche delle ricadute molto interessanti per altre malattie, non solo genetiche. Come spiega la ricercatrice, «sul fronte della terapia genica può darci informazioni utili su come il nostro sistema immunitario può reagire nei confronti dei vettori virali, che altro non sono che “ex-virus” trasformati in veicoli di geni terapeutici. Perché i vettori facciano il loro mestiere, cioè entrare nelle cellule e depositarvi il proprio contenuto, devono mantenere alcune caratteristiche peculiari del virus di partenza: proprio queste caratteristiche che ci servono in chiave terapeutica sono anche quelle che possono mettere in allerta il sistema dell’immunità innata. Conoscerne i meccanismi può aiutarci per esempio a capire come spegnere temporaneamente questa risposta quando trattiamo un paziente con la terapia genica ed evitare che l’effetto terapeutico venga neutralizzato.
Inoltre, sempre grazie a un finanziamento Telethon, abbiamo usato le cellule modello di sindrome di Aicardi-Goutières per studiare la reazione dell’immunità innata contro il nuovo coronavirus Sars-CoV-2: alcuni dei geni mutati in questa sindrome codificano infatti per proteine coinvolte nel riconoscimento dei virus da parte del sistema immunitario».