I risultati di un piccolo studio clinico coordinato da Nicola Brunetti-Pierri del Tigem di Pozzuoli mostrano che l’assunzione di losartan può migliorare alcuni parametri della malattia.
È stato un ricercatore Telethon, Marco Tartaglia, a identificare nel 2012 la causa molecolare della rarissima sindrome di Myhre e ora è un’équipe guidata da Nicola Brunetti-Pierri, ricercatore dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli, a identificare una possibile strategia terapeutica per migliorare alcuni aspetti clinici della malattia. I risultati di uno studio clinico pilota descritto da Brunetti-Pierri e colleghi nel dicembre 2020 sull’American Journal of Medical Genetics mostrano infatti l’efficacia del losartan, un comune farmaco antipertensivo, nel miglioramento di alcuni parametri della sindrome.
«La sindrome di Myhre è una rarissima malattia genetica - ne sono descritti solo un’ottantina di casi in tutto il mondo - caratterizzata da un difetto di deposizione del tessuto connettivo, con progressiva fibrosi a carico di diversi organi» spiega Gerarda Cappuccio, pediatra del Policlinico universitario di Napoli, tra gli autori dello studio sul losartan. «In genere - prosegue la dottoressa - la sindrome viene diagnosticata durante l’adolescenza, ma può esserci una certa variabilità individuale, perché le manifestazioni possono essere diverse: bassa statura, aspetto muscoloso, ispessimento della pelle, rigidità articolare, malformazioni cardiache e in alcuni casi anche sordità, disturbi dell’apprendimento, disabilità cognitiva, disturbi dello spettro autistico. Di fatto, ogni caso è un caso a sé».
Come scoperto alcuni anni fa da Tartaglia, la malattia è causata da mutazioni del gene SMAD4: un gene coinvolto nella crescita delle cellule in risposta a stimoli ben precisi, ma anche in una via molecolare che controlla la deposizione del tessuto connettivo. Una via sulla quale agisce anche il losartan. In effetti, i risultati di uno studio condotto sempre dal gruppo di Brunetti-Pierri avevano già mostrato in vitro che questo farmaco può migliorare difetti presenti nella matrice extracellulare (la rete di molecole che circonda le cellule ed è una componente fondamentale del tessuto connettivo) in campioni di cellule di pazienti con la sindrome. Proprio da qui è nata l’idea di un piccolo studio clinico per cominciare a valutare l’effetto del losartan nei pazienti.
Alla sperimentazione hanno partecipato quattro pazienti, dai tre ai 42 anni di età: per la partecipante più piccola, Karol, che oggi ha sei anni, la diagnosi di sindrome di Myhre era arrivata grazie all’inserimento nel programma di malattie senza diagnosi coordinato proprio da Brunetti-Pierri al Tigem. Uno dei pazienti è risultato intollerante al farmaco, ma negli altri tre casi la sua assunzione è andata di pari passo con un miglioramento dei livelli di fibrosi del cuore, della mobilità articolare e dell’elasticità cutanea.
È un primo risultato importante per procedere a una sperimentazione più ampia su un farmaco che certo non rappresenta la cura definitiva della malattia ma potrebbe portare a un significativo miglioramento della qualità di vita dei pazienti.