Non solo neuroni: astrociti e sviluppo del sistema nervoso

Cellule nervose a lungo misconosciute, oggi gli astrociti sono considerati sempre più importanti, anche rispetto allo sviluppo di malattie del neurosviluppo come la sindrome di DiGeorge.


Immagine al microscopio di astrociti in bianco e mitocondri in azzurro

La storia della biologia è ricca di esempi di elementi considerati quasi trascurabili, dei quali a un certo punto si è invece scoperta una grandissima importanza.

È successo con tutta quella parte del Dna umano che non contiene informazioni per costruire proteine, Dna non codificante, e che era stato addirittura etichettato come “spazzatura”: oggi sappiamo che è fondamentale per regolare l’attività del Dna codificante. Ed è successo anche con l’immensa quantità di microrganismi, per esempio batteri, presenti nel nostro intestino e in molti altri distretti dell’organismo. Un tempo considerati semplici coinquilini, ora sempre più studi suggeriscono la loro partecipazione attiva al nostro funzionamento (o malfunzionamento, nel caso di alcune malattie).

Ancora, è quello che sta succedendo da una ventina d’anni a questa parte con un tipo particolare di cellule del sistema nervoso: le cellule della glia.

La riscossa delle cellule della glia

Scoperte a metà Ottocento, prendono il nome dalla parola greca clèa, che significa “colla”: venivano infatti considerate un semplice “collante” in grado di sostenere i neuroni, le uniche cellule nervose considerate allora degne di nota. Poco alla volta, però, si è capito che i diversi tipi di cellule della glia possono fare molto di più. «Alcune, per esempio, formano una guaina di rivestimento dei prolungamenti dei neuroni fondamentale per la trasmissione nervosa (la mielina), mentre altre rappresentano il sistema immunitario del cervello» spiega la ricercatrice Telethon Paola Bezzi, responsabile del Laboratorio di biologia delle cellule gliali presso l’Università di Losanna e docente di fisiologia umana all’Università Sapienza di Roma.

Da anni, Bezzi si occupa in particolare di un tipo di cellule della glia chiamate astrociti, per la caratteristica forma stellata conferita loro dai numerosi prolungamenti. Sono addirittura più numerosi dei neuroni, e secondo Bezzi anomalie degli astrociti potrebbero essere implicate in varie malattie del neurosviluppo nelle quali, come dice il nome, i neuroni e i circuiti nervosi si sviluppano male.

Parliamo di malattie come la sindrome di DiGeorge (o sindrome da delezione del cromosoma 22q11), di cui si celebra il 22 novembre la giornata europea di sensibilizzazione e che è oggetto della ricerca di Bezzi finanziata da Fondazione Telethon, ma anche come l’autismo o la schizofrenia.

Cuochi, spazzini, baby sitter: tutti i ruoli degli astrociti

Per raccontare cosa fanno gli astrociti, Bezzi ricorre a diverse metafore: «Sono cuochi che nutrono i neuroni producendo e rilasciando alcuni zuccheri. Ma sono anche spazzini che tengono pulito lo spazio tra neurone e neurone, rimuovendo sia sostanze di scarto sia eventuali eccessi delle sostanze che i neuroni usano per comunicare tra loro (neurotrasmettitori). È un ruolo molto importante per garantire il corretto equilibrio della trasmissione nervosa. Infine - ed è una delle nostre scoperte più recenti - sono baby sitter dei neuroni in via di sviluppo: se gli astrociti funzionano male, neuroni e circuiti nervosi si sviluppano male».

Ma che cosa porta gli astrociti a funzionare male in una condizione come la sindrome di DiGeorge? Per Bezzi, la risposta è da cercare nei mitocondri, gli organelli che costituiscono le centrali energetiche delle cellule, ai quali abbiamo dedicato di recente un approfondimento. E anche alcuni recentissimi risultati di altri gruppi di ricerca sembrano andare proprio in questa direzione.

Sindrome di DiGeorge: il possibile ruolo dei mitocondri

«Consideriamo - spiega la ricercatrice - che a causare la sindrome di DiGeorge è la perdita di una porzione del cromosoma 22, la porzione chiamata q11 (per questo la malattia è nota anche come delezione 22q11). In questo tratto di cromosoma ci sono circa una trentina di geni e quando siamo andati a vedere di che tipo di geni si trattasse, abbiamo scoperto che diversi sono geni codificanti per proteine che si trovano all’interno dei mitocondri e sono fondamentali per la produzione di energia. Da qui, l’ipotesi di un coinvolgimento diretto dei mitocondri di neuroni e astrociti nella malattia». In effetti, esperimenti condotti con un modello animale della malattia hanno mostrato che i mitocondri sono davvero alterati: «Nelle cellule nervose di topi con la delezione, i mitocondri sono più piccoli e meno attivi del normale».

L’inevitabile passo successivo, dunque, è provare a far funzionare meglio questi mitocondri. «Abbiamo puntato su una sorta di ricostituente naturale per mitocondri, una molecola chiamata PGC-1 alfa, che ne promuove la produzione» racconta Bezzi. L’idea è aumentare i livelli di questa sostanza nelle cellule nervose, sia con tecniche di terapia genica (fornendo alle cellule il gene codificante per PGC-1 alfa), sia con farmaci. «I risultati dei primi esperimenti, condotti sempre nel modello animali, riguardano i neuroni e sono molto promettenti. Abbiamo osservato che aumentando i livelli di PGC-1 alfa neuroni e circuiti nervosi funzionano meglio e anche i topi stanno meglio, in particolare per quanto riguarda gli aspetti comportamentali e cognitivi, che sono quelli sui quali ci focalizziamo». Bezzi sottolinea infatti che di fronte a sindromi così complesse e così eterogenee nelle manifestazioni, come la sindrome di DiGeorge, è necessario lavorare su singoli aspetti per sperare di ottenere risultati tangibili in tempi relativamente brevi.

Dopo i primi risultati positivi, ora il gruppo di Bezzi punta a verificare, con il contributo di Fondazione Telethon, che cosa succede a livello di astrociti, che secondo la ricercatrice potrebbero essere ancora più importanti dei neuroni nello sviluppo di questa sindrome. «Lo abbiamo detto: sono i loro baby sitter: se sono in forma e funzionano bene, anche neuroni non perfettamente funzionanti potrebbero cavarsela meglio. Ma se anche gli astrociti non funzionano bene, come possono i neuroni svilupparsi e funzionare in modo sufficientemente adeguato?».

Per saperne di più sulla sindrome di DiGeorge puoi consultare la scheda malattia sul nostro sito. Per entrare in contatto con chi affronta questa malattia ogni giorno, pazienti o familiari, puoi inoltre contattare l’Associazione Italiana delezione del cromosoma 22, una delle Associazioni in rete di Fondazione Telethon.

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