All’Istituto San Raffaele Telethon di Milano è stata sviluppata una piattaforma innovativa di trasferimento genico diretta al fegato applicabile in svariate malattie metaboliche grazie all’impegno del gruppo di ricerca guidato da Alessio Cantore, insieme all’azienda biotecnologica Genespire.
Sviluppare terapie geniche per gravi malattie genetiche dell’infanzia è stato fin dall’inizio l’obiettivo di Genespire, azienda biotecnologica nata nel 2020 grazie al fondo Sofinnova-Telethon, che di recente ha ricevuto un nuovo e consistente finanziamento da parte di importanti investitori, nazionali e non.
In particolare, il focus è puntato sul fegato, organo che svolge svariate funzioni vitali e sulla possibilità di correggere numerosi difetti ereditari del metabolismo tramite vettori di origine virale in grado di trasferire le informazioni genetiche necessarie.
La tecnologia utilizzata è il “cavallo di battaglia” dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), quella basata sui vettori lentivirali, derivati cioè dal virus HIV, ottimizzata per trasferire geni terapeutici nelle cellule epatiche.
Questi vettori hanno una caratteristica peculiare: quando “infettano” la loro cellula bersaglio, inseriscono il proprio patrimonio genetico nel suo DNA. «Questo significa che la correzione da noi introdotta è permanente e persiste anche nel caso in cui quella cellula dovesse dividersi per proliferare, come nel caso di un tessuto in crescita o che necessiti di essere riparato» spiega Alessio Cantore, che insieme al direttore dell’istituto Luigi Naldini è tra i fondatori di Genespire con Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele.
«Una terapia genica di questo tipo, quindi, fornirebbe una correzione duratura e stabile: sarebbe quindi adatta ad essere somministrata in giovane età e offrirebbe benefici a lungo termine, un aspetto cruciale per le malattie genetiche che si manifestano già durante i primi anni di vita».
È il caso in particolare dell’acidemia metilmalonica (MAA), una grave malattia genetica che compromette il metabolismo di alcuni aminoacidi e grassi, causando un accumulo di sostanze tossiche. Può manifestarsi già dopo la nascita e provocare crisi metaboliche, danni agli organi e gravi ritardi nello sviluppo.
Grazie allo screening neonatale, in Italia questa malattia può essere intercettata già nei primi giorni di vita. Ad oggi non esiste una cura risolutiva e l’unica strategia per contenerne i danni è una dieta ipoproteica associata all’assunzione di composti in grado di eliminare eventuali residui tossici del metabolismo o di aumentare l'attività metabolica carente. La terapia genica, invece, potrebbe cambiarne la storia naturale con un’unica somministrazione.
«Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto nel nostro laboratorio per ottimizzare la correzione del genoma delle cellule del fegato con vettori lentivirali somministrati in vivo, cioè direttamente nell’organismo del paziente - spiega Alessio Cantore -. Si tratta di una strategia diversa da quella impiegata dai nostri colleghi dell’SR-Tiget per correggere le staminali del sangue nell’ambito di malattie genetiche come la leucodistrofia metacromatica o le immunodeficienze primitive: in quel caso si parla di strategia ex vivo perché la correzione con il vettore avviene in laboratorio, al di fuori dell’organismo del paziente. Per correggere le cellule del fegato abbiamo dovuto costruire il vettore virale in modo da renderlo “accettabile” per il nostro sistema immunitario, in modo che una volta infuso nel sangue non venisse eliminato. Gli studi sui modelli animali hanno mostrato risultati incoraggianti: il vettore non solo riesce a raggiungere il fegato, ma anche a conferire alle sue cellule una correzione stabile, con un effetto benefico anche su organi distanti come i reni o il cervello, in qualche condizione».
La prima malattia che ha fatto da modello sperimentale per questa piattaforma terapeutica è stata l’emofilia, dovuta alla carenza su base genetica di alcuni dei fattori responsabili della coagulazione del sangue. Grazie al sostegno non solo di Fondazione Telethon ma anche di importanti partner industriali che hanno creduto nel progetto, Naldini e Cantore hanno dimostrato le potenzialità di questa strategia “in vivo” in entrambe le forme di emofilia, la A e la B. Tuttavia, sarà sull’acidemia metilmalonica che Genespire intende sperimentare per la prima volta nell’uomo questa nuova piattaforma terapeutica, grazie anche all’importante finanziamento recentemente ottenuto dai propri investitori.
«Finora non è mai stata sperimentata sui pazienti una terapia genica in vivo basata su vettori derivati dal virus HIV - continua Cantore -. Per l’emofilia esistono farmaci già approvati per entrambe le forme, tra cui anche terapie geniche basate su vettori di tipo adeno-associato (AAV). Proprio per questo, si è deciso di dare priorità a una malattia non solo grave e dall’esordio precoce, ma anche più complessa e priva di alternative terapeutiche. L’emofilia rimarrà comunque “nel radar” dei ricercatori dell’SR-Tiget, perché rappresenta un modello molto utile per ottimizzare approcci di terapia genica diretti al fegato. D’altra parte, sarà importante osservare nel tempo gli effetti delle terapie geniche già disponibili e valutare l’opportunità di mettere a punto alternative più efficaci».
Un altro aspetto innovativo della piattaforma di terapia genica proposta da Genespire è il fatto di essere “off-the-shelf”, cioè standardizzata e pronta all’uso: significa cioè che non deve essere “disegnata” sul singolo paziente. Questo approccio, molto innovativo nel contesto delle malattie genetiche rare, permette di ridurre significativamente i costi e i tempi di somministrazione, offrendo così un accesso più ampio ai trattamenti.
Le terapie “off-the-shelf” rappresentano quindi una soluzione per abbattere le barriere economiche che spesso limitano l’accesso a terapie avanzate e costose, aprendo la strada a un futuro in cui i trattamenti innovativi non saranno un privilegio riservato a pochi, ma una possibilità concreta per tutti coloro che ne hanno bisogno.