Sono positivi i primi risultati e l’Italia ha un ruolo da protagonista nello studio clinico internazionale partito nel 2018.
Come per altre malattie genetiche, la terapia genica potrebbe rappresentare una svolta anche per le persone con la sindrome di Crigler-Najjar, rara malattia genetica che, se non trattata, può portare a danni neurologici gravi e irreversibili. È dovuta alla carenza di un enzima del fegato responsabile dello smaltimento della bilirubina: l’unico modo per evitarne l’accumulo e i conseguenti danni al sistema nervoso è la fototerapia, ovvero l’esposizione quotidiana per almeno 10 ore a una lampada a raggi ultravioletti, gli unici in grado di fare le veci dell’enzima carente e di trasformare la bilirubina in un composto non tossico ed eliminabile con le urine.
Per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica per questa rara sindrome, nel 2018 è partito il progetto europeo “CureCN”, che vede coinvolti anche due centri clinici italiani, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Ad oggi sono cinque i pazienti che hanno ricevuto il trattamento sperimentale, che prevede l’infusione direttamente nel sangue di un virus geneticamente modificato per trasportare le informazioni genetiche per produrre l’enzima mancante nei pazienti. Tra questi, tre ragazze italiane seguite all’Ospedale di Bergamo, che lo scorso giugno ha reso noti i primi, positivi risultati: dopo quattro mesi, la terapia ha permesso di ridurre i valori della bilirubina tanto da permettere la sospensione della fototerapia. E magari di comprarsi per la prima volta un pigiama, come ha raccontato emozionata una di loro all’Osservatorio terapie avanzate, visto che non era più necessario stare per tutta la notte nuda sotto la lampada salvavita.
Per quanto preliminari, i risultati sono molto incoraggianti: lo pensa anche Nicola Brunetti-Pierri, medico genetista e ricercatore dell’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli, da molti anni impegnato nello studio delle malattie genetiche del metabolismo e nella ricerca di strategie efficaci per la correzione delle cellule del fegato tramite terapia genica. Un approccio di questo tipo è attualmente in fase di sperimentazione sulla mucopolisaccaridosi di tipo 6, che ha coinvolto ad oggi 9 pazienti da diversi Paesi del mondo.
Proprio alla luce di questa solida esperienza, Brunetti-Pierri è stato scelto come coordinatore dell’altro braccio italiano dello studio clinico internazionale sulla sindrome di Crigler-Najjar, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Nei prossimi mesi, appena si procederà al trattamento di un altro paziente proprio nell’ospedale partenopeo. «I dati in questo ulteriore paziente permetteranno di confermare la sicurezza e l’efficacia della terapia e la sperimentazione proseguirà poi con l’obiettivo di definire la durata nel tempo di questi effetti positivi. Per avere i risultati finali della sperimentazione bisognerà aspettare il 2026: fino ad allora monitoreremo i pazienti per verificare sia l’efficacia della terapia genica nel mantenere bassi i livelli di bilirubina, sia eventuali effetti avversi». Continuiamo a sostenere la ricerca!