Alle famiglie che arrivano da tutto il mondo a Milano per ricevere la terapia genica messa a punto dai ricercatori Telethon, il programma “Come a casa” della Fondazione offre un’occasione ricreativa e formativa del tutto speciale.
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L'artista Martina Sacheli e Arshida, 4 anni -
Margherita, care coordinator, e Arshida -
Hazel, 3 anni -
Margherita disegna insieme ad Hazel -
L'artista Martina Sacheli insieme a Illia, un ragazzo ucraino di 15 anni e suo fratello Maksim -
Maksim e sua mamma disegnano con Martina -
L'artista Martina Sacheli e Cullen, 9 anni -
L'artista Martina Sacheli e Cullen
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Il potere terapeutico dell’arte al servizio dei bambini curati con la terapia genica e delle loro famiglie: anche questo offre “Come a casa”, il programma creato nel 2016 dalla Fondazione Telethon per offrire un’accoglienza a tutto tondo a chi viene a Milano, da qualsiasi parte del mondo, per ricevere questo trattamento salvavita messo a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon.
A partire dallo scorso giugno, infatti, alle famiglie che si trovano in Italia per il trattamento del loro bambino o per i controlli periodici, è offerta la possibilità di partecipare a un laboratorio di pittura, “L’albero della vita”, ideato per loro dall’artista milanese Martina Sacheli.
Lo spiega Martina, che dal 2020 ha aperto a Milano il suo atelier di pittura, ARTelier. “Per farlo costruiamo insieme un’opera d’arte, l’albero della vita di quella famiglia appunto. Le radici rappresentano le nostre origini e sono costituite da tutto ciò che ci mantiene saldi al terreno, come per esempio i nomi degli antenati o le foto del luogo di origine. Il tronco, la parte più solida che permette di resistere anche agli insulti più violenti, viene invece riempito con parole e disegni che rappresentano tutto ciò che dà solidità e sicurezza: nomignoli e soprannomi, gli hobby, la propria casa lontana. Infine, i rami e le foglie richiamano le relazioni di quella famiglia: quanto più è prospera la chioma, tanto più emerge la ricchezza del suo bagaglio emotivo. Per realizzare le foglie, usiamo come stampo le nostre mani intinte nella pittura: un gesto divertente e liberatorio, anche per le persone inizialmente più controllate e diffidenti!”.
Ad oggi il progetto ha coinvolto quattro famiglie tutte venute da molto lontano, anche da contesti particolarmente difficili. Illia, un ragazzo ucraino di 15 anni affetto dalla forma giovanile-tardiva di leucodistrofia metacromatica, è riuscito ad arrivare in Italia, insieme alla mamma e al fratello maggiore Maksim a sua volta colpito dalla malattia, nonostante il conflitto in corso nel suo paese. Arshida, una bimba iraniana che compirà cinque anni a dicembre, dopo la terapia genica per la sua rara malattia (la sindrome di Hurler) si è stabilita definitivamente a Milano: i suoi genitori, pur a malincuore, hanno infatti deciso di lasciare il loro paese vista la complicata situazione politica del momento. C’è poi chi è arrivato addirittura da oltreoceano, come Hazel e Cullen, due bambini americani rispettivamente di 3 e 9 anni affetti da leucodistrofia metacromatica.
“È stato emozionante assistere all’entusiasmo di fronte all’opera finita e vedere persone adulte lasciarsi andare completamente, anche a un pianto liberatorio” racconta ancora Martina. “Per me era la prima volta che lavoravo con persone con un carico emotivo così pesante come è la malattia grave di un bambino: è stato non solo formativo, ma anche gratificante offrire a persone con un carico emotivo così pesante l’occasione di fare qualcosa di diverso e di positivo, che per un momento ha permesso loro di accantonare il pensiero sul perché erano lì. Sono davvero grata di aver avuto questa opportunità”.
Gli alberi della vita, così scaturiti dalle mani e dai pensieri di queste famiglie, sono stati esposti sulle pareti del residence del programma “Come a casa”, a Cologno Monzese. È qui infatti che viene offerta loro ospitalità durante la permanenza per la terapia o i controlli, e che di recente è stato abbellito anche con il supporto di alcune aziende che hanno donato mobili e giochi alla Fondazione Telethon.
“Tutte le famiglie hanno scelto di regalarci la loro opera, lasciandola come segno del loro passaggio – spiega la coordinatrice di “Come a casa” Margherita Levi. “In futuro speriamo che le pareti del residence si trasformino in un vero e proprio bosco, alimentato dal vissuto di chi ha trovato in Italia, grazie alla ricerca Telethon, la speranza di una cura e di una vita migliore”.