Giuseppe è stato uno dei primi italiani a vedere la Luna. «Nel ‘69, quando l’uomo posò per la prima volta il piede sulla superficie lunare, io ero dietro a quelle grandi parabole che, all’epoca, consentivano all’Italia di primeggiare nella comunicazione via satellite». Una vita lavorativa intensa, fatta di grandi eventi, sfide sempre più coinvolgenti, che Giuseppe Di Mattia, coordinatore di Fondazione Telethon per la provincia de L’Aquila, ha affrontato con sempre maggiore entusiasmo. «Ho gestito le comunicazioni per il G7 di Napoli, fino a acquisire la responsabilità di un’intera piattaforma televisiva».
Nel 2005 questa attività frenetica arriva al capolinea del pensionamento, e allora iniziano gli interrogativi sul futuro: «A quel punto ero alla ricerca di un’opportunità che potesse impegnarmi su base volontaristica; avevo vissuto un’esperienza lavorativa stimolante ed era giunto il tempo di alimentare l’aspetto più umanitario della mia esistenza». La lettura di un annuncio su “Il Centro”, principale testata giornalistica abruzzese, la ricerca di nuovi “ambasciatori” per la Fondazione, un viaggio a Roma per incontrare la signora Agnelli, e l’avventura ha inizio.
I primi anni sono di organizzazione e ricerca di una squadra che potesse collaborare alla migliore riuscita della responsabilità che Giuseppe aveva deciso di assumersi e di sondaggio delle potenzialità locali di recepimento dei messaggi in favore della ricerca. Tutto questo mentre la sorte stava predisponendo per Giuseppe e per tutta la popolazione de L’Aquila una di quelle evenienze capaci di sconvolgere drammaticamente ogni equilibrio preesistente: «Era la notte del 6 aprile 2009 quando la terra tremò, portandosi via 287 vite innocenti, provocando danni per svariate centinaia di milioni di euro, mettendo in ginocchio un’intera regione e segnando indelebilmente la storia e il destino di un territorio». Da quel momento nulla è stato più come prima, e neanche l’attività di sensibilizzazione verso la causa della lotta contro le malattie genetiche. «Eppure - racconta Giuseppe - dopo i primi e più difficili frangenti, la gente d’Abruzzo ha saputo sorprendermi continuando a seguire i miei inviti alla donazione. Voglio raccontare solo un episodio. Già da prima del terremoto, la ricerca Telethon sosteneva un importante studio sull’osteoporosi condotta da Anna Maria Teti presso l’università del capoluogo abruzzese. La stessa ricercatrice, la notte del terremoto è tornata presso la sede del suo istituto per metter in protezione i preziosi materiali della ricerca».
Il lavoro di Giuseppe a favore della Fondazione, da quel momento, ha dovuto subire una sterzata, ma non si è mai arrestato. «Ho dovuto modificare il registro delle iniziative, rinunciando a manifestazioni particolarmente spettacolari, come concerti o rappresentazioni teatrali, mentre ho incrementato la collaborazione con le associazioni del territorio, come le Pro Loco. Del resto, sono stato sempre spinto a una maggiore responsabilizzazione nella mia missione di coordinatore e per questo, cercando di captare le caratteristiche del territorio, anche grazie a questo costante lavoro di conoscenza e consapevolezza, oggi posso contare su una serie di punti fermi. Come le società operaie di Avezzano e Sulmona, che non hanno mai smesso di garantire una base di raccolta costante, seppur in misura commisurata al momento che il territorio stava vivendo».
È una storia di tenacia quella di Giuseppe che ha saputo incontrare e dialogare con una realtà fatta di gente fiera e orgogliosa, dotata di quelle stesse qualità che oggi stanno contribuendo al risanamento di una ferita sopra la cui cicatrice, indelebile, sta riemergendo una comunità ancora più forte e sempre più proiettata verso un futuro di rinascita che continua, pur tra mille difficoltà, a credere nel futuro.
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