Il 18 maggio si giocherà allo Stadio Olimpico di Roma la venticinquesima edizione della Partita del Cuore organizzata dalla Nazionale Italiana Cantanti. L’evento sarà per il quinto anno dedicato alla Fondazione Telethon che sarà protagonista e beneficiaria della raccolta fondi insieme alla Fondazione Bambino Gesù Onlus. Tra i protagonisti della Nazionale Cantanti che sfideranno la squadra degli attori di Cinema Stars, Neri Marcorè, uomo di spettacolo che in campo è riuscito a fermare anche Maradona.
Nata quasi per gioco, oggi la Partita del Cuore è un appuntamento atteso e significativo sia per chi lo segue che per chi lo gioca; tu sei da anni in questo secondo gruppo, ci racconti come e quando la Partita del Cuore è diventata parte della tua vita?
Il mio rapporto con la Partita del Cuore è iniziato nel 2006, in una partita che si giocava al Bentegodi di Verona… da avversario. Giocavo nella squadra che sfidava la Nazionale Cantanti, ma alla fine della partita Morandi e altri membri del consiglio direttivo mi hanno proposto di entrare a far parte del loro gruppo. Sarebbe bello pensare di averli conquistati con la mia performance in campo ma credo che, più che per le mie doti calcistiche, avessero visto in me e nel mio percorso artistico le giuste caratteristiche per poter far parte di una compagine così speciale e unita. Seguivo da sempre le loro iniziative e conoscevo quasi tutti i giocatori, quindi diventare uno di loro, aderendo ad una missione tanto importante, è stato per me motivo di grande gioia e da allora non ci siamo più lasciati. È un onore far parte di questa squadra, sia perché amo giocare a pallone, sia per quanto la Nazionale Cantanti rappresenta e per quello che contribuisce a realizzare in termini di diffusione di valori positivi e di raccolta fondi.
Ricordi un episodio tra le tante partite del cuore che hai giocato a cui sei particolarmente affezionato?
Ce ne sono due in particolare che mi diverte ricordare. Qualche anno fa a Roma, in una Partita del Cuore, nella squadra avversaria giocava Maradona. Ad un certo punto della partita ci troviamo l’uno di fronte all’altro nei pressi della mia area di rigore, lui con la palla tra i piedi, io con l’arduo compito di provare a portargliela via. Lui mi fa una finta, poi un’altra ma io incredibilmente non ci casco e riesco a mettere la palla in calcio d’angolo. Ancora non so come ho fatto. Un episodio simile accadde l'anno dopo, a Parma. Stavolta il mio avversario era un certo Zinedine Zidane. Eravamo a centrocampo, lui aveva la palla e mi veniva incontro con quell’eleganza unica che lo contraddistingue, io lì davanti consapevole dell’inevitabile esito a suo favore…se non che succede qualcosa di inverosimile, il campione inciampa sulla palla e per me soffiargliela e ripartire diventa un gioco da ragazzi. Ricordo poi la grande emozione che ho avuto giocando 3 anni fa, per la prima volta allo Juventus Stadium: il manto erboso era un vero panno da biliardo, la struttura, con le gradinate così vicine, ci abbracciava facendoci diventare un tutt’uno con le persone che riempivano entusiasticamente gli spalti e regalandoci un vista privilegiata e bellissima…uno stadio speciale! E a rendere tutto ancora più bello, la cosa più importante: la grande soddisfazione nel raccogliere quasi due milioni di euro che sarebbero stati destinati alla Fondazione Telethon e alla Fondazione Candiolo, battendo ogni nostro record precedente a testimonianza del fatto che al netto della voglia del pubblico di divertirsi guardandoci giocare e partecipando a una festa, quello che conta davvero è sempre la solidarietà e la generosità della gente, oltre alla capacità di una realtà come quella di Telethon di coinvolgere l’opinione pubblica e i media sugli importanti obiettivi della raccolta fondi.
Perché secondo te la Partita del cuore è entrata nel cuore delle persone?
Per un insieme di ragioni coesistenti che legano gli italiani a doppio filo a questa importantissima manifestazione. C’è magari la curiosità di veder giocare un personaggio famoso solitamente visto in altri contesti, c'è la voglia di sentirsi parte di un evento speciale che da 25 anni è portatore di valori positivi e c’è il desiderio di contribuire a qualcosa di importante. E c’è soprattutto la leva della solidarietà, che fa parte del nostro patrimonio culturale da sempre. È qualcosa che ci portiamo dentro, che è parte integrante del nostro essere italiani. Credo che si voglia bene alla Partita del Cuore e a ciò che essa rappresenta perché è parte di ognuno di noi. Ogni italiano, negli anni, ci ha messo un pezzetto di sé.
Nazionale Cantanti e Telethon giocano da tempo nella stessa squadra: quali sono secondo te i punti che uniscono queste due realtà?
Sono tanti i fattori che avvicinano questi due grandi esempi di solidarietà. Su tutti la tenacia, il non mollare mai nell’impegno di contribuire in modo sostanziale e concreto alla realizzazione di obiettivi importanti, perseguendo con perseveranza l'obiettivo preposto. Per la Fondazione Telethon, finanziare la ricerca scientifica è una battaglia che non esaurirà mai la sua spinta: ogni anno vengono raggiunti risultati importanti che diventano punto di partenza per i successivi, in un’instancabile volontà di migliorare la vita di tutte le persone affette da una malattia genetica rara. E la Nazionale Cantanti, grazie alla stessa determinazione, in 35 anni di storia, da quando Mogol riuscì a dare forma ad un suo sogno radunando in una squadra di calcio i cantanti più famosi a scopo benefico, ha raggiunto risultati incredibili, non solo sostenendo cause vitali come quella di Telethon, ma riuscendo anche a superare barriere che per la stessa politica potevano risultare proibitive. Ricordo per esempio l’incontro che avvenne a Roma nel 2000 tra i premi Nobel per la Pace Arafat e Peres, proprio in occasione di una Partita del Cuore in cui la Nazionale Cantanti giocò allo stadio Olimpico contro una squadra che vedeva al fianco gli uni degli altri giocatori palestinesi e israeliani. L’altro elemento essenziale nel consolidato sodalizio tra la Nazionale Italiana Cantanti e la Fondazione Telethon è la passione, perché senza passione non si va da nessuna parte e solo vivendo ogni sfida in modo appassionato si possono raggiungere, anno dopo anno, partita dopo partita, i grandi risultati che hanno reso unica la nostra storia insieme.
Tu e i tuoi compagni di squadra scendete in campo nel nome della solidarietà, la stessa solidarietà che muoverà le persone che vorranno sostenere Telethon. Possiamo quindi definire i donatori il vostro dodicesimo uomo in campo?
Un dodicesimo giocatore gigantesco! Senza la solidarietà delle persone che vorranno sostenerci anche questa volta venendo allo stadio, mandando un sms o donando direttamente sul sito di Telethon, il nostro non sarebbe altro che un incontro di pallone tra volenterosi amatori. La gente, con la sua generosità e sensibilità, è il vero protagonista.
Il tuo ruolo in campo?
Mi mettono in difesa perché mancano i difensori e io mi adatto. Da ragazzo correvo sulla fascia, ma ero più veloce, ora mi piace stare dietro i centrocampisti e partecipare all'organizzazione del gioco.
A chi ti ispiri tra i campioni del calcio quando scendi in campo?
Figurati se posso pretendere di ispirarmi a qualcuno! Diciamo che per il mio modo di correre, alcuni amici mi chiamavano Nicola Berti, ma parliamo di molti anni fa.
Scendere in campo significa anche avere la possibilità di giocare con “calciatori veri”. Tra i campioni del passato e del presente con cui non hai avuto la possibilità di giocare chi vorresti ad un Partita del Cuore ideale?
Dipende: come avversari preferirei non incontrarli i calciatori veri, perché vanno davvero ad un’altra velocità. Meglio giocare contro chi gioca più o meno come te che doversi confrontare con gente del calibro di Alessandro Del Piero. Se invece dovessi dire chi vorrei in squadra con me, tra i tanti campioni che hanno fatto la storia del calcio, sceglierei Dino Zoff, anche se credo non abbia più nessuna intenzione di rimettersi tra i pali. Però ne approfitto per fargli un appello, chiedergli di partecipare in qualsiasi modo alla Partita del Cuore. Sarebbe un grande momento, oltre che una gioia personale. Parlando di leggende, non posso non ricordare Gaetano Scirea, grande campione che tutt'oggi viene citato come esempio sia per come si comportava sul campo e che fuori.
I campioni del calcio spesso vengono ricordati per le loro vittorie, le coppe o i gol più belli. Qual è secondo te il gol più bello nella storia del calcio? E quale il più importante?
Se parliamo di gol belli e importanti il mio pensiero va subito alla nostra Nazionale. Il più bello secondo me è stato quello di Tardelli ai gloriosi mondiali del 1982: sia per il fantastico gesto atletico, sia per quell’indimenticabile urlo con cui è esploso dopo aver segnato. Tra i più importanti c’è sicuramente quello di Fabio Grosso ai mondiali del 2006, di nuovo contro la Germania. Lì, quando quella palla a giro si è insaccata alla destra di Lehmann, credo che tutti noi abbiamo capito che avremmo vinto la coppa.
Parliamo ancora di gol. Anche quest’anno Telethon scende in campo con la Nazionale Cantanti per segnare un gol molto importante, quello di poter raccogliere fondi che permettano di finanziare una ricerca scientifica d’eccellenza nella lotta alle malattie rare. E tutto questo, come le tante attività della Fondazione, risulterebbe vano senza lo sforzo di chi crede in noi e ci aiuta. Cosa ti senti di dire a chi vorrà seguire la Partita del Cuore in televisione o venendo allo stadio il prossimo 18 maggio?
Non credo ci sia la necessità di fare un appello. Oggi la Partita del Cuore ha una forza di coinvolgimento tale che basta ricordare la data del 18 maggio. L'unica cosa che mi sento di aggiungere è invitare tutti a contribuire anche con poco o pochissimo, senza sottovalutare il peso di quell'euro, perché tante gocce messe insieme formano un mare. Sostenere una realtà importante come quella della Fondazione Telethon che lavora ogni giorno per sconfiggere malattie tanto rare da non avere a volte nemmeno un nome equivale a segnare un gol bellissimo.
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