Storia di Ana Carolina che ha intrapreso un lungo viaggio dal Brasile con la sua famiglia per avere una possibilità di cura in Italia. Una possibilità che ha avuto purtroppo grazie al fratello Carlos a cui è stata diagnosticata la malattia per primo.
Nell’estate del 2010, quando nasce Ana Carolina, i suoi genitori Ana Maria e Wesley non sanno che di lì a poco la loro vita sarà stravolta. Vivono in campagna alle porte di Goiania, una metropoli brasiliana da un milione e mezzo di abitanti, e conducono una vita semplice: lui manovale, lei sarta, hanno già un altro figlio di due anni, Carlos. La loro è una famiglia allargata, hanno altri tre figli da matrimoni precedenti e i bambini delle famiglie vicine giocano tutti insieme all’aria aperta.
Tutto cambia però quando Carlos inizia a manifestare i segni di qualcosa che, pur sconosciuto, si dimostra subito grave: a poco a poco inizia una sorta di regressione, perdendo progressivamente la capacità di parlare, di muoversi, nutrirsi autonomamente. I genitori iniziano a girare gli ospedali e quando arriva, la diagnosi è di una rara malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica (MLD). Non solo non c’è cura, ma essendo di origine genetica potrebbe averla ereditata dai genitori anche la sorellina appena nata: purtroppo il test lo conferma, anche il destino di Ana Carolina sembra segnato.
Alla disperata ricerca di una soluzione
Ana Maria e Wesley sono due giovani genitori con pochi mezzi, ma non si danno per vinti e iniziano a cercare una soluzione. Uno dei medici che seguono Carlos li informa di uno studio sperimentale in corso a Milano; un gruppo di ricercatori italiani, all’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, ha infatti messo a punto una terapia genica che potrebbe correggere il difetto genetico alla base di questa terribile malattia. Lo studio è iniziato da poco, i bambini come Ana Carolina e Carlos che hanno ricevuto il trattamento si contano sulle dita di una mano, ma è l’unica possibilità: così, nell’autunno del 2011, la famiglia intraprende il lungo viaggio verso l’Italia.
Il responso dei medici italiani è dolceamaro: dagli esami effettuati Ana Carolina ha tutte “le carte in regola” per sottoporsi alla terapia sperimentale, perché non ha ancora mostrato alcun sintomo della MLD. Per Carlos, invece, è troppo tardi: quando la malattia si è già ampiamente manifestata, come nel suo caso, non è più possibile intervenire. I genitori sono lacerati, da una parte la speranza di offrire una possibilità alla figlia minore, dall’altra il dolore di non poter fare nulla per il più grande, che pure ha sempre lo sguardo sereno, felice e sorridente nonostante tutto. Ed è proprio grazie a Carlos che Ana Carolina ha avuto una possibilità di cura.
Ana Carolina viene così ricoverata nell’unità di trapianto di midollo, dove le vengono prelevate le cellule staminali e le viene somministrata una chemioterapia per far spazio alle sue cellule corrette. In laboratorio, infatti, le staminali vengono messe a contatto con un vettore, derivato dal virus HIV, che contiene la versione corretta del gene responsabile della sua malattia. Le cellule così corrette vengono poi reinfuse nella piccola. Dopo un primo momento critico, in cui è stata a rischio di infezioni e sanguinamento e in cui si sono rese necessarie trasfusioni di piastrine e globuli rossi, il decorso è stato sereno, senza particolari complicazioni.
Grazie alla terapia genica Ana Carolina può diventare grande
Ana Carolina è un terremoto: simpaticissima e molto graziosa, ci mette pochissimo a familiarizzare con le persone che incontra. Ha un carattere giocoso e ottimista, come il papà. È vispa, sa quello che vuole, è determinata, molto simpatica. Da piccola si alzava la maglietta da sola per farsi fare la puntura e con la stessa disinvoltura “picchiava” bonariamente il medico se non voleva farla.
Al ritorno in Brasile Ana Carolina riprende a poco a poco la sua vita. Cresce, gioca con i cugini e con Carlos, che chiama affettuosamente "Ati" (ma si pronuncia “Uacci”). Il bimbo ormai non riesce più a comunicare se non con gli occhi, ma la sua famiglia lo cura e lo porta sempre con sé, anche al fiume dietro casa dove tutti amano tuffarsi e giocare.
Anno dopo anno la bambina torna a Milano per i controlli insieme alla sua famiglia, accolta da medici e infermieri oltre che da Sabrine, la mediatrice culturale che li accompagna da sempre e fa parte del team di “Come a casa”, il programma di accoglienza della Fondazione Telethon rivolto a tutte le famiglie dei piccoli pazienti che arrivano a Milano per ricevere la terapia genica. Per i genitori e lo staff medico è una gioia vedere come superi tutte le tappe dello sviluppo tipiche dei bambini della sua età, ma è altrettanto doloroso vedere Carlos peggiorare inesorabilmente. Nel 2015, a soli 7 anni, la sua famiglia gli dice addio per sempre.
Nuove difficoltà da superare
La vita, nel frattempo, continua e nel 2019 arriva una sorellina, Anna Alice, che per fortuna non ha ereditato la MLD. L’anno successivo, la pandemia da COVID-19 irrompe prepotentemente anche nella vita di questa famiglia: l’isolamento sociale e l’impossibilità di andare a scuola hanno un impatto decisamente negativo su Ana Carolina, in un momento delicato come la pre-adolescenza. Con le restrizioni agli spostamenti e l’impossibilità a viaggiare devono affidarsi alla sola assistenza sanitaria brasiliana, che però non è in grado di far fronte a tutte le esigenze di una bambina come lei.
Lo staff clinico del San Raffaele continua a seguirli a distanza, ma naturalmente non è la stessa cosa. Anche Sabrine, la loro mediatrice culturale, fa il possibile per aiutarli a trovare le attività di supporto necessarie, dalla fisioterapia a momenti ricreativi, perché lo sviluppo di Ana Carolina non ne risenta troppo. Superato quel periodo difficile per tutti, la famiglia è potuta finalmente tornare in Italia per i controlli. L’equipe clinica non ha nascosto l’emozione nel trovarla così cresciuta, soprattutto facendo l’inevitabile e doloroso confronto con suo fratello Carlos. Per i medici comincia adesso una fase nuova, cioè seguire l’ingresso di questi ragazzi nell’adolescenza e, auspicabilmente nella vita adulta: un futuro impossibile da immaginare senza la terapia genica.
Per quanto la malattia possa lasciare comunque dei segni, per esempio sull’equilibrio e la mobilità, ragazzi come Ana Carolina possano andare a scuola, divertirsi con gli amici, praticare uno sport. La ricerca ha trasformato una malattia incurabile in una condizione di cui ci si può prendere cura e che non preclude una vita autonoma.
Intanto, dagli schermi di Tik Tok, Ana Carolina sorride, ammiccando alla telecamera con i suoi occhi di velluto. Il futuro è suo.