La tenacia della famiglia ha permesso alla bambina di avere una diagnosi: mucopolisaccaridosi di tipo 1 e i ricercatori Telethon dell’SR-Tiget le hanno regalato la speranza di una cura.
Arshida è una bambina iraniana che il prossimo 31 dicembre compirà gli anni e a cui la ricerca italiana ha fatto un regalo speciale: una terapia sperimentale per la sua rara malattia genetica, la mucopolisaccaridosi di tipo 1, che nella sua forma più grave può portare alla morte prematura per complicazioni cardiovascolari e respiratorie, oltre che a ritardi nella crescita, deficit cognitivi, deformità scheletriche, malfunzionamento di cuore, fegato, milza, problemi alla vista. Arshida è uno degli 8 bambini con questa malattia coinvolti nel primo studio clinico al mondo che ha valutato la sicurezza e l’efficacia della terapia genica per correggere il difetto genetico responsabile. Un approccio terapeutico che potrebbe cambiare la storia naturale di questa malattia e che è interamente frutto della ricerca Telethon.
Iran, Teheran
Come raccontano Mamma Golnoush e papà Iman, quando Arshida è nata «ci siamo resi conto che qualcosa non andava. Aveva una gobba sulla schiena e piccole macchie scure sulla pelle: ci sembrava davvero anomalo».
«Spenta la prima candelina cominciano a farsi sempre più evidenti alcuni ritardi nella crescita e un’eruzione cutanea tempestava la sua pelle procurandole molto fastidio: piangeva sempre e la notte non riusciva a dormire.
«Preoccupati, siamo andati da molti dottori, fino a che un dermatologo ci ha detto che Arshida assomigliava ai bambini con mucopolisaccaridosi: la testa grande e anche quella deformità alla schiena sono comuni ai bambini con questa malattia. Quindi abbiamo iniziato a fare diversi esami: delle urine, del sangue, fino a che, un paio di mesi dopo, il quadro clinico si è fatto chiaro: si trattava proprio della forma più grave di mucopolisaccaridosi di tipo 1 o sindrome di Hurler». In questa rara malattia, la mutazione di un gene determina l’accumulo di sostanze tossiche che finiscono col “soffocare” le cellule, come città sommerse dai rifiuti. Nell’organismo in pratica manca lo spazzino, un enzima che non venendo prodotto non può bloccare l’accumulo di quelle sostanze tossiche che così hanno via libera e progressivamente danneggiano cuore, cervello e altri organi.
La diagnosi ha innescato la ricerca di tutte le possibilità terapeutiche disponibili. «Sono stati alcuni medici tedeschi a informarci della terapia genica a cui stanno lavorando all’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano e a metterci in contatto con la dottoressa Maria». La dottoressa Maria è Maria Ester Bernardo, che insieme ai suoi colleghi da anni sta lavorando a una strategia di cura proprio per questa malattia.
Milano-Italia
Golnoush e Iman non ci hanno pensato due volte e appena hanno saputo di questa possibilità hanno fatto le valigie e sono partiti. Una valigia, la loro, carica di speranza: quella di poter offrire un futuro alla loro figlia. Arshida ha ricevuto la terapia genica il 20 dicembre 2019, pochi giorni prima del suo secondo compleanno. Milano è stata per alcuni mesi la loro seconda casa. «Siamo arrivati a ottobre 2019 ed eravamo ancora qui quando è esplosa la pandemia da Covid: così siamo dovuti rimanere in quarantena in Italia per circa due mesi, in un residence vicino all’ospedale. Dopo che Arshida era già stata un mese in isolamento al San Raffaele per ricevere il trattamento di terapia genica».
Alla fine sono rimasti più del previsto, perché quando sarebbero dovuti ripartire il mondo si è fermato per l’emergenza Covid. «E così durante il periodo in cui avevamo bisogno dell’aiuto e del sostegno delle persone che amiamo non abbiamo potuto ricevere il loro supporto perché lontani. Abbiamo però ricevuto l’aiuto e l’amore dallo staff Telethon, dall’SR-Tiget e dai medici italiani, e non solo perché sono sempre stati molto chiari nello spiegarci come avrebbero trattato Arshida, ma perché hanno fatto di tutto per rincuorarci e proteggerci anche dal nuovo coronavirus. Per esempio, non facendoci andare in ospedale negli orari più affollati, creando un percorso Covid-free con la bambina che poteva essere avvicinata solo da alcuni incaricati. Ero preoccupata per Arshida. Doveva indossare la mascherina, ma così piccola non riusciva a tenerla sul viso. I medici ci hanno sempre aiutato a non farci sopraffare da questo tipo di problemi».
Quando finalmente sono potuti tornare a casa, i genitori dopo sei mesi dall’infusione, i genitori erano molto fiduciosi. «Il primo controllo è andato bene: abbiamo visto tanti miglioramenti, sia nei movimenti fisici sia nello sviluppo del linguaggio. Ancora una volta parto portandomi dietro il ricordo della gentilezza con cui siamo stati accolti e trattati» conclude mamma Golnush.
Arshida oggi
In attesa di tornare in Italia a dicembre per il controllo periodico, la mamma racconta tutti i passi avanti fatti da sua figlia nei due anni trascorsi dalla terapia genica.
«Arshida ha fatto tanti progressi: è cresciuta normalmente sia in peso che in altezza, è in grado di camminare, correre, saltare, ma anche di controllare movimenti più fini come quelli delle dita. Il suo scheletro ha cambiato forma: le sue ginocchia a forma di X sono migliorate e anche la gobba sulla sua schiena si è notevolmente ridotta. Anche l’opacità della sua cornea è migliorata. Ora Arshida racconta storie, memorizza canzoni senza difficoltà, capisce l'inglese e in qualche modo l'italiano, le sue abilità sociali sono migliorate e fa facilmente amicizia con altri bambini. Continuiamo a chiedere aiuto al fisioterapista e al logopedista e ogni giorno vediamo dei piccoli miglioramenti!».