Essere primi in qualcosa è sempre una grande soddisfazione, ma il primato di Mohamad ha qualcosa in più: è stato infatti il primo bambino al mondo a ricevere la terapia genica per la leucodistrofia metacromatica: un trattamento allora sperimentale, oggi diventato farmaco.
Baby Mohamad. Così i medici dell’Istituto San Raffaele Telethon chiamavano questo piccolo paziente arrivato dal Libano a poco più di un anno inseguendo l’unica speranza rimasta di fronte alla sua gravissima malattia. Da allora sono passati 13 anni, “baby” Mohamad è diventato un quattordicenne pieno di vita, con gli occhi sorridenti, la battuta pronta e un’immensa gratitudine per la sua famiglia, i medici che l’hanno curato e il Paese che l’ha accolto. Questa è la sua storia.
La diagnosi: dopo Amani e Moustafà, anche il piccolo Mohamad
Libano, febbraio 2009: mamma Fatme e papà Ahmed accolgono il loro terzo figlio, Mohamad. Sembra sano e, nei primi mesi, cresce gioioso e pieno di vita. Presto, però, i genitori scoprono grazie a un test genetico che anche quel bimbo così vivace ha la stessa, terribile malattia che si è già portata via sua sorella Amani e che, poco dopo, porterà via anche il fratello Moustafà. Si tratta della leucodistrofia metacromatica, una rara malattia neurodegenerativa causata dalla mancata produzione di una proteina necessaria a smaltire alcune sostanze tossiche per l'organismo, che tendono quindi ad accumularsi in vari tessuti e in particolare nel sistema nervoso. Questo comporta un deterioramento progressivo delle funzioni motorie e cognitive: nelle forme precoci, a distanza di un paio d'anni dall'esordio i bambini colpiti perdono la capacità di camminare e di muoversi e poi quella di vedere, sentire, deglutire, comunicare. Al momento della diagnosi Mohamad ha 4 mesi e non mostra ancora alcun segno della malattia, ma i genitori sanno che cosa lo aspetterà e vogliono provare di tutto per salvare almeno lui.
Alla ricerca di una speranza
La prima, fievolissima, luce nel buio la accende un medico libanese che li indirizza in Olanda, presso un centro in cui il bambino potrà essere sottoposto al trapianto di midollo osseo. In realtà non si tratta di una cura, ma è tutto ciò che la medicina può offrire al momento, per provare almeno a modificare il decorso della malattia. Quella debole luce, però, si spegne subito: una serie di difficoltà burocratiche ostacola l’ammissione del bimbo al trapianto.
Potrebbe sembrare una drammatica sfortuna, ma è invece la salvezza di Mohamad. I medici olandesi, infatti, fanno sapere alla famiglia che in Italia, all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano, un gruppo di ricercatori impegnato da anni nello studio di questa malattia ha messo a punto un trattamento sperimentale del tutto nuovo. La sperimentazione sta per partire e l’équipe sta cercando pazienti ancora asintomatici da coinvolgere: proprio come Mohamad. I genitori non ci pensano due volte e volano a Milano, dove dopo una serie di analisi il bimbo viene ritenuto idoneo alla terapia, mai somministrata prima a un essere umano.
Una prima volta assoluta
Il trattamento consiste in una terapia genica: una strategia che punta a intervenire direttamente sulle cause molecolari di una malattia. Dopo aver prelevato le cellule staminali del sangue del paziente, i ricercatori le trattano in modo da inserire al loro interno la forma corretta e funzionante del gene responsabile della malattia, in questo caso la leucodistrofia metacromatica. Le cellule così modificate vengono quindi reinfuse nel paziente, con una semplice “flebo”.
Per baby Mohamad, l’infusione avviene nel maggio 2010, quando ha poco più di un anno. L’emozione è immensa per la famiglia, ma anche per medici e ricercatori che per tanto tempo hanno studiato il terribile decorso della leucodistrofia metacromatica senza poter far nulla per i loro piccoli pazienti. Per la prima volta, invece, si può provare a modificare la malattia, accendendo una nuova luce di speranza che finalmente risulta intensa e duratura.
Una terapia salvavita ma “pesante”
Il fatto che la terapia genica abbia salvato la vita di Mohamad non significa che non si possa ricordare quanto sia “pesante” questa terapia. «Lunga e in certi momenti difficile da sostenere»: così, per esempio, ne parla la mamma di Mohamad, ricordando i due mesi passati in ospedale con il piccolo, tenuto in isolamento per evitare che potesse contrarre infezioni. «Anche grazie al programma Come a casa, però, il team dell’SR-Tiget ci ha assistito in modo splendido per tutto il periodo in cui siamo rimasti a Milano per la terapia e i controlli».
Baby Mohamad e la terapia diventano grandi
A distanza di 18 mesi dal trattamento i medici iniziano a fare le prime valutazioni cliniche: in assenza di terapia si sarebbero aspettati di veder comparire i primi sintomi della malattia, ma Mohamad sta bene e cresce come ci si aspetterebbe da un normale bambino della sua età.
Tre anni dopo, nel luglio 2013, Mohamad è uno dei tre bambini descritti su una delle riviste scientifiche più prestigiose del mondo, “Science”, in un articolo a firma del team dell’SR-Tiget che indica come la terapia genica stia funzionando, se somministrata nella fase pre-sintomatica. Da allora è un crescendo di successi, sia per Mohamad e la sua famiglia (dove intanto sono arrivati due fratellini e tre sorelline, tutti sani) sia per la terapia che ha cambiato la sua storia.
Per garantire al figlio un’assistenza adeguata, la famiglia si è trasferita definitivamente in Italia, in provincia di Milano, dove Mohamad ha frequentato prima le scuole elementari e ora sta frequentando le medie. «Qui sto benissimo, anche perché pur adorando le kebbeh (polpette di carne tipiche libanesi) non potrei più fare a meno della pizza» scherza. «Mi piace andare a scuola, i miei compagni sono simpatici, adoro arte e matematica, da grande vorrei fare l’artista. E sono molto contento di come sono andate le cose con la mia malattia. Ho avuto un problema alle gambe ma ora va meglio, anche se devo usare il deambulatore».
Quanto alla terapia, l’ottimo risultato ottenuto con Mohamad è stato solo il primo, al punto che ha terminato con successo il suo percorso sperimentale per diventare finalmente, nel dicembre 2020, un farmaco a tutti gli effetti: Libmeldy, il primo farmaco al mondo per la leucodistrofia metacromatica.