L’idea dell’Associazione Italiana Cornelia de Lange, insieme all’Associazione italiana Mowat Wilson tra le associazioni in rete di Fondazione Telethon, per approfondire diversi aspetti della CAA.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è un approccio comunicativo che offre la possibilità alle persone, che non possono usare il comune linguaggio verbale, di poter comunque stabilire una relazione con il mondo esterno attraverso l’uso di tecniche e strumenti specifici.
Questa metodologia alternativa può essere molto utile per relazionarsi con chi, a causa di patologie congenite, come possono essere alcune malattie rare, presenta un bisogno comunicativo complesso e non riesce ad esprimersi con il canale verbale. La CAA permette a chi è escluso dalla comunicazione verbale di valorizzare ciò che può esprimere, aumentando l'autodeterminazione e spronando la capacità di scelta.
Per questo motivo l’Associazione Italiana Cornelia de Lange, e l’Associazione italiana Mowat Wilson, tra le associazioni in rete di Fondazione Telethon, hanno deciso di ideare i “CAAffè”, ovvero degli incontri online bimestrali gratuiti dedicati a famiglie e insegnanti per conoscere meglio la Comunicazione Aumentativa Alternativa.
«Abbiamo deciso di chiamare questi incontri online CAAffè - spiega Sauro Filippeschi, Presidente dell’associazione Cornelia de Lange - proprio perché volevamo fossero un momento informale in cui i genitori, ma anche gli insegnanti, potessero approfondire diversi aspetti della CAA, avendo però poi la possibilità di condividere con gli esperti e con il resto dei partecipanti i propri dubbi e le difficoltà quotidiane, riscontrate nell'uso di questo tipo di comunicazione. Incontri tematici, quindi, ma anche uno sportello condiviso».
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è una strategia di comunicazione viva, che si adatta di volta in volta alle esigenze della persona con cui si deve creare una relazione. Può essere usata per azioni primarie, come ad esempio il mangiare, ma anche per comprendere argomenti scolastici.
L’associazione Cornelia de Lange è stata tra le prime a credere in questa forma alternativa di comunicazione e subito ha capito che non bastava offrire alle famiglie testi teorici su cui documentarsi. Era necessario anche dare input concreti ai genitori, essere loro di supporto nella gestione quotidiana, dare loro consigli sugli ausili o gli strumenti da usare. Così l’associazione ha deciso di coinvolgere Maria Caterina Minardi, linguista clinica e logopedista in formazione, specializzata in linguistica per i disturbi del linguaggio e sordità e in Comunicazione Aumentativa Alternativa.
«Mi sono avvicinata alla CAA - spiega Maria Caterina Minardi - per un’esigenza personale. Mio nipote ha la Cornelia de Lange. Credo che i CAAffè abbiano funzionato perché le famiglie hanno bisogno di confrontarsi con altre famiglie, soprattutto per capire come poter adattare la Comunicazione Aumentativa Alternativa alla crescita del bambino e del ragazzo. Mio nipote fino ai 4 anni ha usato solo la CAA, poi alle elementari i simboli sono diventati per lui utili per leggere, ma nel frattempo ha iniziato ad utilizzare in minima parte anche il linguaggio verbale. Oggi che ha 13 anni usa la CAA solo quando fatica a comprendere quello che gli altri stanno dicendo. Il prerequisito per poter parlare è saper comunicare. Se usiamo la CAA correttamente, nei casi in cui la malattia lo consente, potremmo arrivare anche ad una forma di linguaggio verbale. Per questo è importante per chi ha la Sindrome di Cornelia de Lange iniziare subito con questa strategia comunicativa».
La Comunicazione Aumentativa Alternativa non deve essere vista come un sostituto del linguaggio verbale, ma come un’alternativa: i simboli e le immagini sono infatti sempre accompagnate dalle parole scritte e orali pronunciate da genitori o insegnanti.
Attraverso l’uso di tabelle, libretti, etichette per denominare oggetti e spazi, le famiglie riescono nell'ambiente domestico a comunicare con i propri figli. La CAA può migliorare la qualità della vita di chi non ha possibilità di usare il linguaggio verbale, perché permette di manifestare la propria identità, attraverso scelte e esternazione dei bisogni primari.
«Credo che la difficoltà più grande per un genitore che usa la CAA sia non arrendersi - spiega Greta Barbanti, membro dell’associazione Mowat Wilson - Non bisogna aspettarsi delle risposte nell'immediato, ma è l’unico modo che abbiamo per permettere ai nostri figli di esprimersi da soli, senza che qualcuno lo faccia al posto loro. Spesso si cade nell'errore che chi non parla non pensa, ma non è così. Dobbiamo mettere i nostri figli nella possibilità di partecipare al mondo perché è un loro diritto, anche se c’è il limite del linguaggio».
Le Associazioni in rete
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