Carmina vive con questa grave patologia genetica che, però, non la ferma: «Preferisco farmi mancare il fiato dagli impegni, piuttosto che dalla malattia». Una malattia che sta combattendo grazie alla ricerca che sta donando una risposta a tanti pazienti come lei.
Trasparenza significa poter guardare attraverso le cose, riflettere la luce liberando tutti i colori dell’arcobaleno. È trasparente un cristallo di neve, sono trasparenti gli occhi delle persone che incontriamo e che a volte cadono impietosi proprio su quelle parti del corpo che vorremmo nascondere di più.
A guardarla da fuori, Carmina è una ragazza di 24 anni come tante, con grande creatività e voglia di condividere il suo talento sui social. Ha due canali Instagram, forse perché uno non è sufficiente a contenere tutte le idee che ha in testa. Sono pieni di poesie, immagini, scatti rubati alla vita quotidiana, tramonti e cristalli trasparenti come gocce di rugiada.
Carmina è una ragazza come tante, se non fosse per quella diagnosi di fibrosi cistica che l’ha segnata sin da quando aveva 3 mesi di vita.
Un’occlusione intestinale ha costretto i medici ad operarla piccolissima e ancora oggi Carmina porta i segni sul suo corpo. Non ne ha mai fatto mistero, ma il suo rapporto con questa cicatrice e il suo corpo si è evoluto nel corso del tempo: «Non ho ricordi senza la mia cicatrice: era parte di me esattamente come una mano o un ginocchio. Il problema nell’accettarla me lo hanno creato gli altri, perché mi mettevano in soggezione guardandola. Poi un giorno al mare un mio amico saluta prima la cicatrice e poi me. È stato allora che ho iniziato a guardarla diversamente e le ho dato un nome: Vittoria».
La fibrosi cistica non è trasparente, non si vede dall’esterno. È qualcosa che nasce in profondità, nell’alterazione del gene chiamato CFTR (che sta per Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). A causa della mutazione di questo gene, l’organismo produce troppo muco che va ad intasare i polmoni e l’apparato digerente. Chi ne è affetto è sottoposto a cure continue per evitare di incorrere in infezioni respiratorie e ostruzioni al pancreas, che impedirebbero di respirare e di alimentarsi.
La fibrosi cistica può rimanere silente per un certo periodo di tempo. A Carmina la malattia è rimasta sottopelle fino ai 14 anni, grazie ai farmaci e alla fisioterapia. Alle elementari e alle medie la mamma le scriveva dei bigliettini per ricordarle di prendere le medicine mentre era in classe. Quando stava male o aveva un controllo medico non andava a scuola. Era solo un’altra assenza: non c’era nulla che rivelasse a occhi esterni gli ostacoli che doveva affrontare.
Quando la malattia è diventata prepotente, causandole problemi alle ossa, Carmina ha dovuto rinunciare al suo grande amore, la danza classica, ma la voglia di rivelarsi l’ha spinta a cercare alternative. E così la vita si è riempita di poesie, disegni e balli latino-americani. Ha seguito dei corsi di portamento e oggi sfila in passerella gridando al mondo che non teme lo sguardo di chi la trova diversa, di chi pensa che dovrebbe stare sotto a una campana di vetro. La sua famiglia non l’ha mai fatto, e lei non si arrenderà a farlo, come ama ripetere:
Carmina non si arrende anche perché sa che la ricerca sta donando una risposta a tanti come lei: un farmaco che sta migliorando la qualità di vita dei pazienti con fibrosi cistica. Anche lei ha cominciato la terapia da pochissimo e questo sta già dando i primi effetti positivi.
Nell’ultimo anno Carmina ha cominciato a scrivere ciò che prova direttamente sul corpo, sulla sua pelle. Ha iniziato con quattro tatuaggi: un alieno, un cuore di picche, un diamante sui lati del polso e un simbolo di donna dietro l’orecchio. Oggi è diventata tatuatrice e di tatuaggi ne ha molti di più. A guardarla possono sembrare troppi, ma non lo sono se servono a raccontare chi sei e come stai. Se servono a renderti un po’ più trasparente.