Il progetto “Cane allerta epilessia” del Gruppo Famiglie Dravet propone un modello basato su un’evoluzione della pet therapy.
Se vi fosse mai capitato di osservare come alcuni cani seguono con lo sguardo le espressioni del viso dei propri padroni, anche semplicemente passeggiando o giocando in un parco, vi sareste sorpresi nel constatare il livello di “umana” e intensa abnegazione. Non c’è dubbio che la simbiosi emotiva che si instaura tra noi e i nostri amici a quattro zampe sia speciale, soprattutto quando loro, i cani, sono chiamati a svolgere missioni speciali.
È il caso di Martin, un labrador nero di poco più di due anni che da qualche mese è il compagno di vita e di giochi di Michele, un ragazzo di 26 anni di San Benedetto del Tronto (AP) affetto dalla sindrome di Dravet. Forse non ne sono pienamente consapevoli, ma i due amici, oltre a trascorrere ore a farsi buona compagnia, sono protagonisti di una sperimentazione che sta già evidenziando risultati interessanti.
Martin, infatti, è stato scelto ed educato per anticipare le crisi epilettiche di cui è vittima Michele, avvertendo di conseguenza i familiari o chi fosse in grado di intervenire. Il progetto “Cane allerta epilessia” è nato circa due anni fa per volontà del Gruppo Famiglie Dravet, alla luce di alcuni studi che erano stati compiuti in correlazione all’efficacia terapeutica della pet therapy. «Si tratta di un’esperienza unica in Italia. Ci siamo ispirati ad alcuni studi fatti a livello europeo, abbiamo sondato il terreno e anche la disponibilità di possibili collaborazioni in Italia - racconta Angelita Mozzi, segretario generale dell’associazione - fino a che siamo stati contattati da Andrea Zenobi dall’allevamento “Il mio Labrador” di Pollenza, in provincia di Macerata, specializzato nell’addestramento di cani per assistenza a persone disabili e per allerta diabete».
Il percorso è stato lungo e articolato, in prima battuta perché non esistono esperienze analoghe precedenti e anche perché occorreva individuare una famiglia in grado di accogliere il cane nella maniera più adeguta. «Martin è stato scelto con cura, non tutti i cuccioli presentano le caratteristiche adeguate ad eseguire un compito così complesso» racconta la mamma di Michele, Miriam. «Mio figlio adora gli animali è l’arrivo di Martin gli ha regalato molta gioia, oltre alla voglia di camminare un po’ di più».
Martin fino a qualche settimana fa faceva ancora la spola tra gli addestratori e la famiglia; oggi, anche per le ragioni legate all’emergenza Covid-19, questa alternanza è stata sospesa, ma non il programma per istruire il cane al suo compito di assistenza. «Stiamo abituando Martin ad avvertire l’alterazione della saliva di Michele in caso di crisi epilettica - racconta Miriam - così da renderlo consapevole del pericolo. Si tratta, come detto, di un’esperienza inedita che stiamo testando quotidianamente sul campo, ma sta di fatto che la vicinanza di Martin già di per sé è fonte di grande conforto per Michele».
«Oggi siamo già in una fase avanzata di inserimento del cane in famiglia - sottolinea Angelita Mozzi - che fa seguito ad un primo step propedeutico di natura conoscitiva. L’obiettivo del progetto è quello di stilare un protocollo che poi tutti gli allevamenti potranno utilizzare in futuro, e siamo molto fiduciosi che ciò possa realizzarsi anche se il processo di elaborazione è ancora lungo».
Occhi negli occhi, oggi Michele e Martin, al di là degli aspetti formativi e scientifici del loro rapporto, proseguono in un cammino di conoscenza che si sostanzia sicuramente di test e addestramento ma soprattutto di cuore, e se i risultati saranno quelli sperati sarà anche merito di quanto affiatamento si sarà creato e anche di sguardi “affettuosi”.
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