Ventidue anni, nato con l’emofilia, ha sfidato se stesso e la malattia percorrendo il Cammino di Santiago.
Un passo, poi un altro e un altro ancora. Chi perde il ritmo rischia di rimanere indietro e chi rimane indietro è solo. Ma come si fa ad affrontare questi chilometri che non finiscono mai se hai un corpo che non collabora al 100 per cento?
A 22 anni Nicola ha deciso di percorrere il Cammino di Santiago. Non ha dato retta ai medici che gli dicevano che correva un grande rischio, a causa della sua malattia, l’emofilia. Avrebbe potuto farsi un taglio e non riuscire a fermare il sangue. Avrebbe potuto avere un’emorragia interna o problemi alle articolazioni che gli avrebbero impedito di proseguire. Ma nessuno di questi rischi erano una novità per Nicola, che è nato con questa patologia ereditaria e che ci ha convissuto per tutta la vita.
Ha imparato presto che ogni giorno può rappresentare una svolta, nel bene e nel male. Durante l’infanzia il suo corpo rifiutava le terapie e questo lo ha costretto a vivere con un catetere endovenoso. I genitori e i fratelli gli sono stati vicino, ma anche tutti gli zii e i cugini con cui vive a stretto contatto a Seriate, in provincia di Bergamo, in un’atmosfera di festa continua. La famiglia era preparata a sostenerlo in questo percorso difficile e doloroso, perché il fratello della mamma aveva avuto la stessa malattia ereditaria e qualche anno più tardi anche uno dei fratelli minori di Nicola ha palesato i sintomi della malattia.
La storia di Fondazione Telethon insegna come certi limiti si possano superare, grazie alla solidarietà che sostiene la ricerca scientifica.
Dopo anni di nuoto e flebo, Nicola ha intrapreso un percorso di terapia, aveva 9 anni. A 13 era autonomo e il suo carattere determinato era già forgiato: doveva riuscire a tutti i costi ad andare in gita con la scuola, quindi non restava altro che imparare a fare le iniezioni! Restare fermo a casa non era un’opzione.
Con il tempo questa stessa determinazione è stata la carta vincente per portare a termine un’impresa come quella del Cammino di Santiago. Ha percorso 20, 30, anche 40 chilometri al giorno, resistendo alla tentazione di mollare e tornare indietro. Ha conosciuto lo sconforto di chi rimane indietro rispetto al resto del gruppo di amici con cui era partito, ma ha superato sé stesso e ha ritrovato la sua compagnia. Non si è fermato di fronte alla pioggia perché detestava l’idea di rimanere fermo. Aveva giurato a sé stesso che non l’avrebbe più permesso. Ventisei giorni e 204 chilometri dopo, Nicola ha finalmente raggiunto Finisterre, la fine del continente e l’inizio dell’Oceano Atlantico. Un passo, un altro e un altro ancora, domani lo porteranno ad altre mete. Forse dopo la laurea riuscirà finalmente a vedere l’America o forse il Giappone. Non importa. Porterà nel suo cuore tutte le persone nate con l’emofia e che contano sulla ricerca scientifica.