Le cose che si fanno tutti i giorni possono essere le stesse, ma come si fanno, come si devono fare, fa tutta la differenza del mondo.
Denise, la mamma di Gabriele, lo porta a scuola, lo va a riprendere, lo coccola, guarda mentre gioca con il fratellino, regola i loro piccoli bisticci. Ogni giorno. Ma andare a scuola, fare lezione, tornare a casa e giocare, per Gabriele è speciale.
La quinta elementare che frequenta questo bimbo dolcissimo, la sua insegnante, il suo orario, il giocare a casa hanno qualcosa che non c’è nel quotidiano di altri bimbi. Perché Gabriele affronta ogni giorno la sindrome dell’X fragile.
Ora ha 11 anni e, da quando ne ha 5, un test del Dna ha inquadrato il suo universo sotto un’altra ottica. Per Denise è stato uno schiaffo forte, di quelli che lasciano un’eco di dolore, forte e persistente.
Si sente in colpa per non aver saputo di essere portatrice sana della malattia. Deve combattere con l’insensibilità e l’ignoranza di persone e istituzioni. Ma, soprattutto, deve proteggere il suo piccolo. «Ha fatto un anno in più di materna perché si è sempre relazionato con i bimbi più piccoli e con gli adulti mai con i suoi coetanei sente troppo il confronto. Gli ho cambiato materna perché dove è rimasto 3 anni non lo capivano ed ogni volta che andavo a prenderlo era inginocchiato in un angolo che piangeva e spesso lo mettevano fuori dalla classe».
Quando digerisce la malattia, Denise decide di non arrendersi, di combattere per il suo bimbo. «Ha iniziato la scuola primaria a 7 anni i primi due anni sono stati duri perché lui non leggerà e non scriverà mai. E far capire alle insegnati, che pensano di sapere tutto, come è mio figlio non e stato facile».
Insieme a lei, però, neppure Gabriele si arrende. «Ora è in quinta ed ha un’insegnante di sostegno. Stanno nella “loro auletta”. Fa travasi. Cucina. Ascolta storie». La sua lezione è differente e la scuola non è facile, si ferma solo fino all’ora di pranzo, perché tutto il giorno sarebbe troppo pesante, ma quando è lì è sereno.
A casa c’è un fratellino, più piccolo di due anni. Il rapporto non è sempre facile e Denise deve affrontare più di un problema. «Non è semplice fargli capire che suo fratello è malato; che se urla lo dobbiamo lasciar fare, che non lo sgrido perché non capisce quello che gli dico; che gioca con lui solo 5 minuti perché poi si stanca; che non sa giocare, non sa disegnare, non sa colorare».
Ma Gabriele è un bambino molto affettuoso, sensibile; è «un tesoro. E quando mi dice: io ho una malattia che non posso leggere e non posso scrivere mi di stringe il cuore. Ma lui è la mia forza!».