Il 30 aprile e il 1° maggio schierati al fianco di Maria Grazia e di tutte le mamme rare, prendi i Cuori di biscotto Telethon per sostenere la ricerca.
Maria Grazia e Francesco sono una coppia affiatata, unita nella vita e nel lavoro. Lei sceneggiatrice, lui regista. Insieme hanno realizzato molti documentari a tema sociale, mossi da una passione comune e profonda. Tra i ricordi di Maria Grazia ce n’è uno in particolare: «Quando eravamo in Argentina a girare un documentario sulle madri di Plaza de Mayo, ero incinta di Maya, e mi ha colpito il fatto che queste madri credono che noi donne siamo partorite dai nostri figli. Io oggi, come madre, mi sento esattamente così. È il bambino che ti partorisce come gestore».
A rendere speciale il loro ultimo documentario intitolato “I guerrieri del mondo di OEP”, è il fatto che ne siano anche protagonisti insieme alle loro due figlie, Maya (14 anni), nata con una malattia genetica rara nota col nome di cistinosi, e Febe (12 anni), la cui patologia genetica rara è ancora senza diagnosi. «Da quando loro sono nate - racconta Maria Grazia - io so cosa significa la malattia genetica rara, e non è stato facile raccontarsi, ma volevamo farlo. In altri Paesi, ad esempio, se sei sordo ti metti un apparecchio acustico colorato ed evidente, in modo che gli altri capiscano e possano aiutarti. Da noi invece ti metti l’apparecchio acustico nascosto, come se te ne dovessi vergognare. Questo era il nostro obiettivo, far capire che della malattia non bisogna mai vergognarsi».
Un obiettivo che li ha portati a mettersi in gioco e a raccontarsi insieme ad altre famiglie che come loro convivono con patologie genetiche rare. «Nell’era dei social - continua - mentre molti mostrano i loro successi, noi abbiamo fatto outing, e abbiamo voluto condividere le nostre fragilità. Non è una richiesta di aiuto, ma di ascolto».
A Maria Grazia, e a tutte le donne che come lei accendono un megafono sul coraggio e la fragilità di essere “umane”, è dedicata la campagna di Fondazione Telethon “Io per lei”. E il megafono acceso da Maria Grazia ha aperto il cuore di tanti: «Quando Maya guardava le ragazze della sua età, le vedeva tutte più belle di lei. Io cercavo di farle capire che il suo patrimonio era molto più grande, perché la malattia ti permette di conoscere il mondo con una lente d’ingrandimento su alcune cose che tanti non vedono. Lei lo capiva, ma quando a scuola doveva prendere i farmaci si andava a nascondere in bagno. Per lei raccontarsi è stato terapeutico, è come se avesse rotto il tabù della malattia, anche grazie alla partecipazione alla Maratona Telethon. Ora si sente più forte, e i suoi stessi compagni di scuola, che hanno visto il documentario, la considerano una guerriera».
A Maya è stata diagnosticata la cistinosi, una malattia metabolica rara a carico del rene, e quando aveva appena 18 mesi subisce un ricovero d’urgenza che sembrava dovuto a un episodio acuto di gastroenterite. «Maya è stata salvata per miracolo - ricorda Maria Grazia - e la nostra fortuna è che la malattia è stata diagnosticata nel 2009, e appena due anni prima, nel 2007, grazie alla ricerca scientifica, era nato un farmaco adatto a quella patologia!».
All’epoca di quel ricovero Febe, la sorella di Maya, era nata da soli 15 giorni, e fin da subito su alcune parti del suo corpo sono comparsi degli angiomi che richiedono un continuo trattamento chirurgico. Oggi Febe ha 12 anni, e nonostante presenti un ritardo psicomotorio e non riesca a parlare, come dice Maria Grazia «comunica con il suo linguaggio, quello dell’anima, che si esprime solo quando trova nelle persone la porta del cuore aperta».
Nel caso di Febe, le indagini condotte fino a ora non hanno portato ad alcuna diagnosi, ed è questo che Maria Grazia più desidera, una diagnosi: «In assenza non sai come comportarti davanti alle manifestazioni della malattia, e ti senti impotente e disorientata, ma sono fiduciosa nella ricerca».
L’impegno di Fondazione Telethon è anche di portare avanti la ricerca scientifica per dare risposte a Maria Grazia e a quelle mamme che come lei aspettano una diagnosi. E nonostante non sempre sia facile, quando Maria Grazia dice che «nella vita un pizzico di follia aiuta ad avere coraggio», trasmette a Maya e Febe quella leggerezza del loro essere piccole adolescenti.
«Penso - conclude Maria Grazia - che per loro la più grossa conquista sia l’autonomia. Febe la vedo più fragile, ma oggi Maya, nonostante la malattia, è una tipa tosta. Si prepara le terapie da sola, e anche quando dorme a casa di qualche amica, si mette la sveglia di notte per prendere il suo farmaco. Poi mi manda un messaggio per avvisarmi perché sa che sennò non dormo. Io dico sempre a mio marito che senza le nostre figlie saremmo due perfetti imbecilli. Con loro abbiamo capito il senso della vita».