Racconta Francesco, nato con la distrofia muscolare di Duchenne: «La malattia convive con me ma non racconta chi sono e non deve diventare un’etichetta».
La storia di Francesco, 23 anni, marchigiano, classe 1999, è una storia di grande forza interiore, conquistata rispondendo alle difficoltà con il sorriso, tanto che oggi Francesco, ironizzando, dice di avere una sorta di secondo cognome, “Duchenne”, come il nome della patologia che gli fu diagnosticata quando era ancora un bambino, la distrofia muscolare di Duchenne, appunto, una malattia genetica rara che porta a degenerazione del tessuto muscolare e alla progressiva perdita delle abilità motorie, con complicanze che interessano i muscoli respiratori e cardiaci.
«Quella del secondo cognome - spiega Francesco – è una provocazione proprio per far capire che io esisto come Francesco e non come Francesco Duchenne. La malattia convive con me ma non racconta chi sono, e non deve diventare un’etichetta».
Un messaggio deciso che Francesco ha sempre condiviso con mamma Claudia e papà Massimiliano, senza mai arrendersi davanti al progredire della malattia, come quando, a 12 anni, arrivò il momento in cui fu necessario ricorrere alla carrozzina. Massimiliano ricorda che una volta arrivati nel negozio era spaventato all’idea che suo figlio non potesse più camminare con le proprie gambe, e si sentiva in difficoltà. Francesco invece risolse tutto con il suo entusiasmo: adocchiò subito una carrozzina, ci salì sopra da solo, e sorridendo disse: «Voglio questa, papà: amore a prima vista».
Questa capacità di apertura al mondo, ha portato tanti incontri importanti nella vita della famiglia ed è così che casualmente, tempo dopo, sulla porta dello stesso centro in cui si erano recati per prendere la carrozzina, compare un signore con in mano ben quattro carrozzine elettriche. Mamma Claudia chiede subito alla commessa chi sia quel signore, e scopre che è semplicemente il papà di uno dei ragazzi della squadra di hockey in carrozzina di Ancona.
Quell’incontro apre un mondo, «il lato bello della distrofia»: Francesco entra nella squadra, Massimiliano diventa allenatore, si circondano di tante famiglie e nuovi amici, e il powerchair hockey diventa una vera passione. «Lo sport ti aiuta a non piangerti addosso - dice Francesco - e se sono il Francesco di oggi lo devo ai miei genitori, agli amici, all’hockey in carrozzina, e a tutti gli incontri che hanno reso bella la mia vita».
Tra questi c’è l’incontro con la Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) di Ancona, che per lui rappresenta una grande famiglia, e quello con Fondazione Telethon, che per Francesco è il faro della ricerca scientifica, nella quale ha sempre creduto e che non ha mai smesso di sostenere: «Senza Telethon - dice - non ci sarebbe speranza. La vita è talmente bella che non va persa, e noi dobbiamo pensare al futuro, ma il futuro va costruito oggi, ed è per questo che ammiro e sostengo Telethon. Io da bambino mi ero isolato, poi grazie a tutto sono riuscito a diventare ciò che sono. Le difficoltà non mancano, lo so, ma non bisogna mai fermarsi. Questo credo sia anche il senso della ricerca scientifica».
A questo è chiamata Fondazione Telethon, a portare avanti la ricerca scientifica per le tante famiglie, i tanti bambini e i tanti ragazzi come Francesco colpiti da una malattia genetica rara, che credono in un futuro fatto di nuove cure e terapie possibili. Un lavoro inarrestabile e ambizioso, reso ancor più prezioso dalle tante collaborazioni messe in campo, come quella con il Centro Clinico Nemo, che da sempre segue Francesco con controlli periodici. «La malattia c’è - dice Francesco - ma i sogni sono più importanti, e oggi Il mio obiettivo nella vita è portare la poesia ai giovani, e le mie poesie sono come delle canzoni che mi hanno permesso di raccontare tutto di me». Un obiettivo ambizioso, raggiunto con la pubblicazione del suo primo libro intitolato “Tutto di me”, con cui Francesco vuole urlare il suo messaggio al mondo. Come in questa poesia “Dal Buio”.
«Dal buio dal buio si può
Risalire e trovare il sole di luglio
Nel buio nel buio
Certe cose rimangono a lungo
Il buio il buio
Esiste ed ha un brutto viso
La luce la luce
È una fede, un culto, un flusso fisso
Mi chiedo se tutto questo è normale?
Oppure se è speciale come l’amore di mia madre
Dal buio dal buio si può
Uscire e finalmente bere un’acqua fresca
Nel buio nel buio
Infondo c’è un verme come nel mezcal
Il buio il buio
Ha un fucile che spara depressione
La luce la luce
É un’amica, una sorella, una protezione
Il mio stato è mosso, maremoto Sgomma in strada sembra una moto».