Dalla Siria alla Germania, e poi in Italia: il viaggio di una famiglia alla ricerca di una cura per una rara malattia genetica della loro prima figlia.
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Quando Schana è nata, nell’estate del 2016, per i suoi genitori non poteva esserci miglior suggello per la loro nuova vita. Rolan e Shevan sono infatti originari del Kurdistan siriano e quando la situazione politica ha iniziato a precipitare hanno deciso di trasferirsi in Germania, dove già vivevano alcuni parenti. Trasferirsi non è stato facile, anche perché non hanno potuto farlo insieme: Rolan è partita da sola, a soli 19 anni, mentre Shevan ci ha messo più di un anno prima di riuscire a raggiungerla. Quel giorno di primavera del 2014, quando hanno potuto ricongiungersi, è scolpito nella memoria di entrambi: finalmente erano di nuovo insieme, nessuna difficoltà li spaventava. Essere in un paese straniero, non parlarne la lingua e doversi trovare un lavoro non sembravano ostacoli insuperabili rispetto a quello che avrebbe potuto essere nel loro paese di origine.
Il mondo capovolto
Alla nascita della loro prima figlia, la gioia è mista a un po’ di preoccupazione: sono cugini di primo grado e temono che questo possa rappresentare un rischio. E nonostante ai loro occhi la bambina sia perfetta, i medici iniziano a farle degli esami: ha un’infezione respiratoria e non respira bene. Passa soltanto una settimana e il mondo di questa giovane famiglia si capovolge: Schana ha una rara malattia genetica del sistema immunitario chiamata ADA-SCID, che la rende indifesa di fronte a qualsiasi infezione microbica.
«Quando mi hanno detto che era malata non ci ho creduto – ricorda la mamma. La guardavo e mi dicevo che non aveva nulla. Una sensazione indescrivibile: non sapevo se parlare, piangere, urlare. Stavano dicendo che nostra figlia di soli due giorni sarebbe morta entro un anno se non fossero intervenuti».
Una speranza dall’Italia
Dopo la diagnosi, Schana viene immediatamente trasferita in un ospedale specializzato, dove trascorre il suo primo mese di vita vegliata a turno dai genitori, ancora increduli. Nonostante l’angoscia, però, arriva una notizia che infonde loro tanta speranza. In Italia c’è una possibile cura per Schana, da poco approvata in Europa: è una terapia genica messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) e consiste in un virus reso innocuo e sfruttato come vettore di una versione funzionante del gene difettoso in questi bambini.
«Quando ci hanno detto che esisteva una terapia ci siamo entusiasmati – ricorda il papà. Non ci importava di dover andare fino in Italia, saremmo andati in capo al mondo, perfino in Siria sotto le bombe pur di salvarla».
Rinata in Italia
Con il supporto dei medici tedeschi, che hanno tempestivamente individuato questa possibilità di trattamento per Schana, la famiglia riesce ad arrivare a Milano nei primi mesi del 2017. Lo staff di Come a casa, il programma di accoglienza da poco creato dalla Fondazione Telethon, li fa sentire meno spaesati: oltre a mettere a disposizione un alloggio e a dare assistenza logistica, mettono a loro disposizione un mediatore culturale per facilitare la comunicazione. Conoscono un’altra famiglia di lingua araba, quella di Mohamad, un bambino libanese che ha ricevuto la terapia genica diversi anni prima, per una malattia neurodegenerativa chiamata leucodistrofia metacromatica.
Il 17 marzo 2017 Schana riceve le sue cellule staminali del sangue corrette con la terapia genica. Durante il successivo periodo di isolamento, fondamentale per dare il tempo al sistema immunitario di costituirsi, i genitori le scattano centinaia di foto, per mostrargliele da grande e raccontarle questi giorni complicati che le hanno però restituito una nuova opportunità di vita.
Per loro, infatti, è come se la bimba fosse rinata. «Vederla sorridere mi ha fatto sentire in cima al mondo, ci sembrava anche più bella di prima – ricorda il papà. Giocando con lei mi sentivo come risvegliato da un brutto sogno. Non dimenticherò mai quando, all’età di 11 mesi, ho potuto farle io il primo bagnetto, nella vasca da bagno di casa. Un gesto normale per qualsiasi genitore, che avrei potuto non compiere mai. Per questo, sono infinitamente grato alla Fondazione Telethon e a tutti i medici e ricercatori che hanno reso possibile tutto questo».
Schana che cresce
Schana nel frattempo è cresciuta, ha iniziato a frequentare l’asilo e poi la scuola. Il suo sistema immunitario funziona, ha potuto fare tutte le vaccinazioni pediatriche senza più bisogno della profilassi.
Come può capitare nel caso dell’ADA-SCID, ha sviluppato un deficit uditivo, ma grazie agli apparecchi acustici è perfettamente integrata. Come raccontano i genitori «gli insegnanti sono molto contenti, ha avuto un avvio un po’ lento ma adesso è del tutto in pari con i suoi coetanei. Le piace molto ballare, parla due lingue. È una bambina molto vivace e testarda, a volte è difficile da gestire… spesso vuole prendersi il centro dell’attenzione a discapito della sorella, ma alla fine si vogliono bene e giocano insieme. Ancora non le abbiamo raccontato della malattia con cui è nata, lo faremo quando sarà più grande. Siamo molto grati alla Fondazione Telethon, nostra figlia è stata la prima a ricevere questa terapia quando è diventata un farmaco a tutti gli effetti. Ci siamo emozionati a vedere la maglietta con la foto stilizzata di Schana tra le bolle di sapone, scattata proprio durante uno dei suoi primi controlli a Milano!».