La bimba canadese è nata con la mucopolisaccaridosi di tipo 6. Grazie all'aiuto della Isaac Foundation, ha ricevuto terapie importanti nel suo Paese e partecipato in Italia alla sperimentazione messa a punto dall’Istituto Telethon di genetica e medicina.
Violet è nata nella primavera del 2009 in un piccolo villaggio canadese, Langenburg, nella provincia occidentale di Saskatchewan. I suoi genitori Larry e Jennifer, che avevano già un figlio più grande di due anni, Lawson, si sono accorti che qualcosa non andava quando Violet aveva un anno: la bambina presentava una forma strana della testa e, in base ad alcuni esami, anche dei problemi cardiaci.
Per due anni hanno girato per ospedali facendo visite e accertamenti finché, quando Violet aveva tre anni, un genetista clinico ha ipotizzato che potesse trattarsi di una forma di mucopolisaccaridosi, una malattia genetica rara caratterizzata dall’accumulo di metaboliti tossici nelle cellule.
L’ipotesi si rivela giusta e a Violet viene diagnosticata la mucopolisaccaridosi di tipo 6, che per fortuna non compromette le capacità cognitive ma porta danni soprattutto a carico di occhi, cuore e scheletro, gli organi dove si concentra l’accumulo di queste sostanze.
L’importanza di non essere soli
La notizia naturalmente li sconvolge, ma scoprono presto che proprio in Canada c’è una Fondazione creata dai genitori di un ragazzo, Isaac, nato con la stessa patologia di Violet: si chiama proprio Isaac Foundation. Oltre a raccogliere fondi per la ricerca, la Fondazione è riuscita a ottenere dal governo canadese la possibilità di ricevere gratuitamente l’unica terapia disponibile per la MPS6, la terapia enzimatica sostitutiva (ERT): si tratta dell’infusione periodica dell’enzima mancante, somministrato una volta alla settimana.
L’infusione dura ben sei ore e certamente è un po’ limitante, però è comunque in grado di sopperire parzialmente alla carenza enzimatica e di limitare gli effetti patologici sugli organi. «All’inizio, quando si riceve una diagnosi del genere, ci si sente soli e perduti, non si sa cosa fare - spiega Larry -. Ecco perché la Isaac Foundation è stata così importante per noi: ci hanno aiutato innanzitutto a ottenere gratuitamente questo farmaco così costoso, che altrimenti non ci saremmo potuti permettere. Non solo, ci hanno anche fatto entrare in contatto con altre famiglie che condividevano la nostra condizione».
Violet è stata la terza bambina canadese a ricevere gratuitamente la ERT, dopo Isaac e un altro ragazzo, Jasper. Oggi sono almeno una decina i ragazzi con MPS6 diagnosticati in Canada, anche grazie al lavoro della Fondazione.
«Abbiamo partecipato a molti eventi organizzati dalla Fondazione, da cene di raccolta fondi a simposi scientifici in cui abbiamo portato la nostra testimonianza - spiega Larry -. A volte è difficile spiegare la condizione di Violet a chi non conosce questa malattia, cioè la stragrande maggioranza delle persone, ma è molto importante farlo e per questo abbiamo vinto la nostra naturale riservatezza».
Una speranza dall’Italia
Nel 2017, una speranza in più per i ragazzi come Violet è arrivata dall’Italia: al Policlinico Federico II di Napoli è infatti partita una sperimentazione clinica di un protocollo di terapia genica messo a punto dal gruppo di Alberto Auricchio dell’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli e coordinato da Nicola Brunetti-Pierri, sempre del Tigem.
Scopo della terapia, basata su un vettore virale contenente una versione sana dell’enzima carente in questi pazienti, è ripristinare livelli enzimatici sufficienti e magari evitare la somministrazione dall’esterno. La Isaac Foundation ha seguito da vicino tutte le fasi di questa ricerca, finanziando anche parte del lavoro di Auricchio con i propri fondi raccolti.
All’avvio del trial, la Fondazione ha messo a disposizione anche dei fondi per coprire le spese di viaggio dei pazienti canadesi: prima Isaac (nel 2018), poi Jasper (nel 2019) e infine Violet nel 2020. «Quando ci hanno proposto di inserire Violet nella sperimentazione italiana ci siamo felicemente sorpresi, ma abbiamo accettato quasi subito: volevamo darle questa opportunità in più - raccontano i genitori -. Eravamo a casa e ci siamo seduti tutti attorno a un tavolo, ma eravamo tutti d’accordo che questa opportunità andasse colta».
La terapia genica ai tempi del Covid-19
La famiglia al completo sbarca a Roma Fiumicino nelle prime settimane del febbraio 2020, quando la pandemia da Covid-19 non è ancora scoppiata ufficialmente ma è ormai chiaro che la situazione sanitaria è critica. «Al nostro arrivo ci hanno controllato la temperatura, erano tutti con le mascherine e i guanti e ci hanno chiesto se negli ultimi giorni avessimo avuto sintomi simil-influenzali o fossimo entrati in contatto con persone con sintomi. Pochi giorni dopo abbiamo letto dei primi due casi di Covid-19 italiani, ricoverati a Roma… ma in quel momento tutti dicevano che era un problema solo della Cina. Da casa ci chiamavano allarmati perché leggevano le notizie sull’Italia, ma noi eravamo abbastanza tranquilli».
Dopo tutti gli esami necessari, Violet ha ricevuto la terapia genica il 20 febbraio 2020: un’infusione del vettore nel sangue, all’apparenza una semplice flebo, che in realtà contiene una terapia preziosa. Dopo poche settimane, tutta l’Italia è in lockdown a causa del dilagare dell’infezione da SARS-CoV-2, soprattutto al Nord. «Eravamo tra le poche persone autorizzate ad andare in giro per motivi sanitari - ricorda Larry -. Abitavamo in una bella casa con il giardino nella zona di Rione Alto, non lontano dall’ospedale. Sia Violet che Lawson frequentavano la scuola a distanza, come del resto tutti i loro coetanei nel mondo: da un certo punto di vista, quindi, esserci trovati in Italia proprio in quel momento è stato meno traumatico del previsto. Abbiamo potuto visitare il sito archeologico di Pompei o la costiera amalfitana quasi da soli, girare per Napoli senza il traffico e l’affollamento abituale. Certo, siamo dovuti stare ben cinque mesi lontani da casa per attendere il momento in cui saremmo stati autorizzati a tornare in Canada. Ricordo che il nostro volo di rientro per Toronto era completamente vuoto, c’eravamo solo noi in quell’aereo enorme!».
Come sta oggi Violet
Oggi Violet sta bene, per precauzione ha ripreso da poco la terapia enzimatica (ma con frequenza dimezzata, ogni due settimane invece che ogni settimana) perché i valori dei suoi GAG urinari (l’indicatore principale di accumulo di metaboliti tossici) erano appena al di sopra i livelli di guardia.
Tuttavia, racconta la mamma, «si vede che è più in forze: va a danza ben tre volte alla settimana, è la sua passione, ha anche fatto delle gare e vinto delle medaglie! La terapia la fa a casa, quindi può studiare mentre fa l’infusione».
Violet è timida, parla poco e con un filo di voce, ma ha gli occhi brillanti. Ama ballare, vuole andare al college con le sue amiche. Sta imparando a guidare la macchina: in Canada si può iniziare la pratica a 15 anni e prendere la patente a 16, del resto è l’unico mezzo per spostarsi, il trasporto pubblico è praticamente inesistente se non nelle grandi città e le distanze sono molto grandi. Ha un supporto per arrivare ai pedali vista la bassa statura, ma sta imparando insieme al papà (con cui ogni tanto litiga ovviamente!).
Adora anche nuotare, sia in piscina che al mare. Hanno un gatto e un cane, che è molto impegnativo da portare in giro.
I genitori sono molto grati all’Italia e allo staff Telethon: «sono tutte persone molto gentili e accoglienti, dagli infermieri ai medici. Siamo felici di aver preso parte a questo studio, per Violet innanzitutto, ma anche per aver contribuito alla ricerca sulla sua patologia, nella speranza che ci sia un beneficio anche per altri ragazzi come lei nel mondo. Anche i medici che seguono Violet in Canada sono entusiasti, hanno imparato molto da questa esperienza e sono in contatto costante con Nicola Brunetti-Pierri, che è davvero una persona eccezionale. Siamo molto grati anche a Telethon naturalmente, peraltro anche noi in Canada abbiamo una sorta di maratona televisiva per raccogliere fondi. Siamo consapevoli dell’importanza di metterci la faccia, quindi contiamo di farlo presto anche in Italia!».