Ogni giorno per Giuliana Ferrari rappresenta una sfida. Non arrendersi dopo un esperimento che ha dato un risultato negativo, non abbattersi di fronte alle difficoltà è un dovere quando in mente si hanno le parole dei tanti pazienti che aspettano una cura. Un percorso iniziato un po’ di anni fa quando la nostra ricercatrice ha scelto di tornare dagli Stati Uniti in Italia e di sposare la nostra missione entrando a far parte dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, un polo d’eccellenza internazionale. L’istituto è diretto da Luigi Naldini, inventore di una tecnica di terapia genica che si è dimostrata ad oggi efficace per la cura della sindrome di Wiskott-Aldrich e della leucodistrofia metacromatica, due gravi malattie genetiche dell’infanzia. Proprio collaborando con il team di Naldini, Giuliana sta lavorando perché la terapia genica si possa applicare ad un’altra malattia ereditaria del sangue: la beta talassemia. Senza arrendersi mai allo scetticismo e allo sconforto Giuliana e il suo team sono a lavoro per rendere questa tecnica efficace. Perché curare la beta talassemia è difficile, ma possibile. Perché non arrendersi è nel suo Dna
Chiara ha 17 anni e, come tanti adolescenti, ama viaggiare, fare sport e andare in giro per negozi. È una ragazza solare, intraprendente, che come molti ragazzi della sua età non si separa mai dai suoi amici. Ma non può separarsi nemmeno dalla sua malattia: la beta talassemia. Per lei e per tanti altri come lei, il lavoro di Giuliana e dei ricercatori finanziati da Telethon è una risposta concreta: la ricerca non si fermerà mai finché non si troverà una cura.