Sindrome di Allan-Herndon-Dudley: la storia di Giulio

L’associazione Una Vita Rara ha deciso di partecipare per la seconda volta al bando Seed Grant di Fondazione Telethon per dare il via ad una nuova ricerca su questa sindrome estremamente rara.

Quattordici è il numero di casi diagnosticati in Italia per la sindrome di Allan-Herndon-Dudley (AHDS) o deficit del trasportatore degli ormoni tiroidei MCT8. Trecento sono invece pazienti in tutto il mondo.

La Sindrome è una rara encefalopatia congenita, che colpisce i soggetti di sesso maschile caratterizzata da un ritardo psicomotorio, ipotonia dell'asse, spasticità degli arti, distonia ed  epilessia.

Vista l'estrema rarità di questa patologia, l'Associazione Una Vita Rara ha deciso di utilizzare i fondi da lei raccolti per aderire ancora una volta al Bando Seed Grant di Fondazione Telethon per stimolare la ricerca scientifica su questa rara forma di encefalopatia, affidandosi all'esperienza e alle competenze di Telethon, con la speranza che anche questo nuovo seme possa un giorno germogliare.

«Nostro figlio Giulio - racconta Irene - è l'unico caso di questa rarissima patologia in tutta la Toscana. Quando abbiamo ricevuto la diagnosi all'Ospedale Meyer di Firenze nemmeno i dottori hanno saputo darci spiegazioni sulla malattia. Per fortuna su internet abbiamo trovato l'associazione Una Vita Rara, creata pochi anni prima da Giorgio e Rosita, genitori di Davide, e grazie ad una telefonata con il presidente, abbiamo finalmente scoperto cosa avesse nostro figlio Giulio».

La diagnosi di Sindrome di Allan-Herndon-Dudley è arrivata quando Giulio aveva 2 anni. Il primo segnale a far scattare l'attenzione di papà Lorenzo e mamma Irene è stato il fatto che Giulio da piccolissimo, intorno ai 4 mesi, dormisse sempre e non riuscisse a tenere la testa dritta. Sembrava più debole rispetto agli altri bambini. Al Meyer prima ipotizzano una malattia metabolica, ma gli esami la escludono e passano ad un’indagine genetica più approfondita.

I risultati arrivano dopo un anno. «Per noi è stato un vero salto nel buio. Sapere che non eravamo soli, che c'erano altre famiglie ci ha risollevato. L'associazione è stata importante perché ci ha permesso il confronto con gli altri».

Oggi Giulio ha 7 anni e camminare è l'attività che lo diverte di più. Fin da piccolo, anche se non riusciva a sorreggere il petto, aveva l'istinto di camminare. Oggi per muoversi usa il deambulatore, mentre per giocare e colorare sul tavolo ricorre alla statica. La carrozzina è l'ausilio che i genitori usano per farlo stare seduto in casa o a scuola. Giulio non ha mai parlato, usa lo sguardo per comunicare e le mani per afferrare e fare gesti semplici, sorride per dire “Sì”, rimane  serio per dire "No"».

«Abbiamo una grande fiducia in Telethon. Per noi è un porto sicuro a cui aggrapparsi. Speriamo davvero che attraverso il bando Seed Grant qualche nuovo ricercatore si interessi alla malattia dei nostri figli, perché stanno crescendo e non c’è tempo da perdere». Il più grande dei ragazzi italiani con sindrome di Allan-Herndon-Dudley ha 35 anni. Con la crescita anche la malattia progredisce e la mobilità si riduce sempre di più.

«Tutti noi genitori desideriamo arrivare nel più breve tempo possibile alla cura, perché vogliamo vedere i nostri figli diventare grandi. Sappiamo che la ricerca richiede tempo, ma speriamo che trovi presto qualcosa, che possa migliorare la qualità di vita e l'autonomia dei nostri figli. Sono ragazzi che più crescono, più dipendono totalmente da noi. Se si riuscisse a trovare il modo per far loro sorreggere il busto o per permettere loro di comunicare le proprie necessità, la loro qualità di vita e la nostra di genitori migliorerebbero senza dubbio».

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