La ricerca può essere il regalo più grande per bambini come Iris, che affronta l'atrofia muscolare di tipo 2, una malattia genetica rara che toglie tempo ed energie. Oggi, grazie al lavoro di tanti scienziati, il suo futuro può essere diverso.
La paura è un buio che sembra soffocarti il futuro e che ti arriva dentro inaspettata, come qualcosa che fino a ieri pensavi non ti avrebbe riguardato mai nella vita e in un giorno che non credi tuo si prende invece tutto.
Una diagnosi inaspettata
A Nicoletta è successo una mattina che Iris, 12 mesi, non si stava muovendo più come Raoul, suo gemello. «Pensavamo fosse un semplice ritardo. Simone e io li avevamo avuti dopo averli a lungo cercati, grazie alla fecondazione assistita, era estate, quella del 2018, e ci siamo ritrovati a dover ascoltare una diagnosi con cui mai avremmo immaginato di ritrovarci a dover fare i conti: atrofia muscolare spinale di tipo 2.
Non la sapevamo neanche pronunciare, e ci è piombato il mondo addosso. Nessun test genetico prenatale l’aveva rilevata perché l’atrofia muscolare spinale di tipo 2 (sma 2) appartiene a quelle malattie rare per cui un gene del bambino è difettoso, ed è un’anomalia che individui solo se la cerchi specificatamente, su segnalazione. Simone e io eravamo portatori sani senza saperlo.
È stata una vera botta perché dal niente ci hanno detto che Iris non avrebbe camminato per tutta la vita. Chiesi che aspettativa avrebbe avuto – “A meno di problemi respiratori che potrebbero insorgere, come un individuo normale” - e se avrebbe potuto avere figli, da grande - “Quello certamente” -. Mi tranquillizzai, per quanto potessi».
La speranza oltre lo sguardo della paura
Alla diagnosi, seguono varie scene. «La prima volta che i medici l’hanno messa sulla pantherina, quasi subito. Era una sera caldissima, ed eravamo al Sapre di Milano, ci avevano indirizzato lì, al Sapre che - intestazione a parte, Settore Abilitazione Precoce Genitori - sembra un posto bellissimo, un asilo con le seggioline, i giocattoli, le pareti colorate intorno, ma poi alzi gli occhi, guardi meglio, e il muro è tappezzato di foto di tutti i bambini che lì sorridono, ma qui non ci sono più.
Iris aveva appena un anno, erano le otto, si è seduta e ha iniziato ad andare, inconsapevole e contenta». E poi ancora: «Ero rimasta sola in casa con Iris e Raoul, e lui dal niente è andato in cucina a prendere due biberon e uno l’ha portato a sua sorella. Quello è diventato il suo gesto per dire: “Ragazzi, ho capito, eccomi, la aiuto io”».
L’importanza della ricerca che va avanti
La ricerca il regalo più grande: da argomento di cui si sente parlare ai telegiornali, diventa l’unica speranza - se non di guarigione dalla malattia - almeno del suo rallentamento. «Stiamo usando un farmaco che sta dando risultati così ottimi da sorprendere anche la fisioterapista. Glielo infondono in day-hospital, ogni quattro mesi. E adesso da sdraiata riesce a tirare su il collo, e ad alzarsi quasi seduta, che per una bambina affetta da sma 2 è un traguardo incredibile.
I medici mettono le mani avanti. Nessuno di loro ci dice che correrà, ma che le migliorerà l’esistenza e sarà sempre più forte, sì. Noi eseguiamo, tra fisioterapie, ricoveri e attenzioni, e per il resto incrociamo le dita».
Tanti contro, ma anche tanti pro
Che cosa toglie la malattia? «Tempo. Un conto è gestire un bambino, un conto è gestirne due, impegno diverso ancora è gestire due bambini di cui uno è malato, e ha bisogno di attenzioni triple, protesi, piscina, fisioterapia».
Che cosa dà: «Coraggio, amicizie, pazienza e una consapevolezza della propria fortuna comunque, che mai avrei creduto. Per esempio su Facebook sono in contatto con mamme e papà dalla storia simile alla nostra, e mi ritrovo a fare rete, a mettere il cuore sotto il video di un bambino che riesce a muovere un braccio perché so quanta gioia c’è in una cosa piccola come quella. Girando per gli ospedali, per i centri di fisioterapia realizzi poi che ci sono situazioni ben più tragiche della tua, esci che quasi dici: “Mia figlia forse non camminerà mai, ma alla fine va bene così”».
Nicoletta e Simone hanno fatto partecipare Iris alla campagna di Fondazione Telethon: «Perché è importante donare, perché esistono ancora malattie tremende senza nome che nessuno studia». E nel mentre ci sono i sogni: «Vedere Iris guarita. O, se guarita è osare troppo, felice. Un domani con una sua famiglia, un suo lavoro: comunque completa, fiera, realizzata».
Iris diventa grande
Oggi Iris cresce e sta diventando grande. Ha sette anni, è una bambina dal carattere sempre allegro e solare, che riesce a relazionarsi senza alcun problema e giocare con gli altri bambini. Nonostante abbia passato gran parte della sua vita sulla sedia a rotelle, lei non lo vede come un limite: per lei è un elemento da sfruttare.
Sa di avere qualcosa che la differenzia dagli altri bimbi, ma non ne soffre. È sempre affiancata dal fratello Raoul, con cui continua ad avere un rapporto speciale. Insieme sanno come divertirsi: Iris è la mente e Raoul è il braccio.
La sua malattia, nonostante sia degenerativa, al momento risulta stabile e non peggiora. Anzi, sta addirittura migliorando grazie all’aiuto di farmaci e trattamenti. Nicoletta, la mamma di Iris, spera che la ricerca medica continui a progredire e a trovare cure migliori. “La cura che fa Iris fino a qualche anno fa non c’era. Grazie alla ricerca, sono arrivati nuovi farmaci. Per noi la ricerca è anche veder realizzate cose che prima non c'erano.”