Ricevuta la diagnosi grazie a Telethon, Sophie Teresa è uno dei dieci casi conosciuti al mondo di mutazione del gene FDX2, una malattia mitocondriale rarissima. Ora spera nella ricerca della Fondazione.
Quando proviamo a definire le malattie rare possiamo rifarci alle definizioni ufficiali, che peraltro non sono le stesse nel mondo. In Europa una malattia è definita rara quando colpisce meno di 1 neonato su 2.000, eppure non tutte le malattie sono rare allo stesso modo.
Quel “meno” tiene insieme patologie note da tempo e molto studiate con altre di cui si conosce a malapena il nome. Malattie ultra-rare, su cui è ancora più difficile accendere uno spiraglio di luce. Eppure, può accadere: lo dimostra la storia di Sophie Teresa, una splendida bambina di 7 anni nata con un’anomalia genetica di cui oggi si contano soltanto una decina di casi al mondo.
Una diagnosi solo parziale
«Tutto è iniziato quando nostra figlia aveva nove mesi: dopo una brutta infezione non riusciva a riprendersi, ha smesso anche di gattonare» ricorda Ada, la mamma. «Sentivamo che qualcosa non andava e da lì è iniziata una serie di visite, ricoveri, esami genetici. Dopo ben cinque anni, i medici dell’Istituto Besta di Milano ci hanno detto che secondo loro Sophie aveva una malattia mitocondriale, ma non sapevano quale».
Una diagnosi parziale: oggi si conoscono almeno 200 diverse malattie mitocondriali, accomunate dal fatto che dipendono da un malfunzionamento dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Sintomi e gravità, però, possono essere diversi. Per papà Ergys «è stato come un treno a tutta velocità che ti arriva sul petto: non sai cosa fare, cosa pensare, contro cosa puntare il dito».
L'incontro con Fondazione Telethon
Talvolta, a fare la differenza sono delle coincidenze. Albanesi di origine, i genitori di Sophie hanno girato molto per lavoro, prima in Francia, poi in Lussemburgo e a Milano, dove la bimba è nata il 4 settembre del 2016: il suo doppio nome è un inno alla saggezza e al contempo un omaggio a Madre Teresa di Calcutta, canonizzata lo stesso giorno di 13 anni prima.
Ed è proprio a Milano che, tramite la mamma di un compagno di scuola, entrano in contatto con la Fondazione Telethon, che nel capoluogo lombardo ha una delle sue sedi. Con il supporto delle persone che si occupano della relazione con le associazioni di pazienti, Ada ed Ergys vengono indirizzati in un centro di riabilitazione adatto alle esigenze di Sophie.
Il caso della bambina viene anche inserito nel Programma per le malattie senza diagnosi coordinato dall’Istituto Telethon di Pozzuoli, che si avvale delle più avanzate tecniche di sequenziamento del Dna.
Finalmente, nel 2022, il difetto genetico di Sophie viene individuato: è a livello del gene FDX2, che codifica per una proteina importante per il corretto funzionamento dei mitocondri chiamata ferredossina-2. «Per noi quel giorno - ricorda Ergys - ha rappresentato una rinascita, un nuovo punto di partenza. Si è riaccesa la speranza, che di lì a breve sarebbe raddoppiata».
Poco dopo la conferma della diagnosi, infatti, è arrivata la notizia che Fondazione Telethon e Fondazione Cariplo avrebbero finanziato un progetto di ricerca dedicato proprio alla malattia di Sophie.
Una ricerca che illumina
Anche nella ricerca ci sono argomenti di studio “più rari” di altri. Basti pensare che delle 4.500 proteine umane ritenute dei possibili bersagli farmacologici, soltanto 700 sono attualmente nel mirino di farmaci approvati: significa cioè che tra tutte le altre, oltre l’80 per cento, potrebbero esserci proteine adatte a essere oggetto di studio per mettere a punto nuove terapie, ma per motivi diversi non vengono studiate.
Per promuovere la ricerca anche su questa parte meno conosciuta del nostro DNA, i National Institutes of Health (NIH) americani hanno promosso un’iniziativa che mira proprio a “illuminare la porzione più oscura del genoma umano”: a questa si sono ispirate anche Telethon e Cariplo, che hanno avviato un bando per cofinanziare progetti dedicati a malattie rare ancora in gran parte sconosciute.
Tra i finanziati nella seconda edizione c’è quello coordinato da Paola Costantini dell’Università di Padova, in collaborazione con Simone Ciofi dell’Università di Firenze. «Grazie a questo finanziamento - spiega Costantini - speriamo di chiarire meglio quali siano gli effetti della mutazione genetica sulla proteina FDX-2: solo così potremo provare a ipotizzare in futuro un approccio terapeutico. Il valore aggiunto è che abbiamo potuto incontrare Sophie e la sua famiglia, durante la convention scientifica e poi in occasione della maratona televisiva.
Ci hanno messo a disposizione le cellule della bambina per studiarle: un gesto generoso e per noi ricercatori molto prezioso, dal momento che finora non esistevano modelli cellulari di questa malattia così rara. Quando lavoriamo su queste cellule sentiamo un grande senso di responsabilità, ma anche una grossa spinta a dare il nostro contributo in termini di conoscenza».